
(Gioacchino Musumeci) – L’attentato a Donald Trump nel contesto della campagna elettorale in cui Biden interpreta il rimbambito, unitamente alla scarsa lucidità dei competitors del tycoon, consegnano gli USA al controverso ex presidente risorto dalle proprie ceneri; oggi è addirittura più forte che ai tempi della sua prima elezione.
Che Biden avrebbe subito una disfatta era già scritto. Il punto di caduta irreversibile è stato riconsegnare l’Afghanistan ai Talebani e a ciò si è aggiunto nel giro di pochi mesi il disastro ucraino, fallimento ancor più grave della strategia che ha segnato la brutale frattura delle relazioni tra occidente e resto del mondo.
A meno di una miserabile resa anticipata, i democratici dovrebbero trovare una soluzione rapida negli scenari bellici ove gli Usa sono particolarmente compromessi. Ma dubito che riusciranno laddove hanno fallito più per interessi lobbistici che altro.
Il mondo ha due problemi enormi, il primo la guerra in Ucraina, provocata essenzialmente dalla politica folle USA nell’est europeo a cui è seguita la reazione altrettanto scriteriata quanto ovvia di Putin, Il secondo è Israele. L’ambizione tutta americana di strappare l’Ucraina all’occhio strategico di Mosca è stata una scommessa a perdere i cui corollari politici consistono nel crollo delle Sx eternamente miopi e prive di idee alternative oltre datate politiche di austerità post Covid peggiorate dagli scenari bellici.
All’inevitabile crollo di Biden seguirà naturalmente la fine del presidente Zelensky per il quale Trump è letteralmente fumo negli occhi.
Al neopresidente si presenterà un occasione irripetibile per garantirsi credibilità e restituire agli USA almeno parte dell’appeal perduto con la presidenza sconclusionata di Joe Biden.
Nonostante le enormi pressioni di lobbies dell’industria militare su cui i democratici Usa e UE fanno spallucce dopo aver loro garantito il bengodi, Trump non avrebbe alcun timore di dettare condizioni di pace che comporterebbero l’inevitabile perdita di territori ucraini a favore di Mosca.
Se Washington smetterà di finanziare la guerra per Zelensky sarà finita. Di sicuro c’è che l’esposizione Usa nel doppio scenario bellico ucraino /Israeliano ha comportato un dispendio di risorse pubbliche insostenibile contro guadagni miliardari per privati i cui contribuiti alla spesa pubblica sono troppo limitati. Inoltre è impensabile immaginare che la Federal Reserve stampi montagne di dollari senza mantenere tassi altissimi a spese di cittadini e imprese o in alternativa innescare un ulteriore cascata inflattiva che si tradurrebbe nell’aggravarsi di una crisi preesitente.
Spingere all’angolo Zelensky è apparentemente clamoroso ma logico sul piano internazionale e soprattutto su quello economico: Trump potrebbe vantare un ruolo preminente nel processo di pace rifiutato di Biden e stabilire presupposti solidi per un clima più disteso e stabile tra occidente e oriente. In che modo si inserisce l’attentato al’ ex presidente nella complessità dello scenario è da stabilire.
La Ue, senza alcuna voce in capitolo, proseguirà nel ruolo di irrilevanza internazionale e uscirà ulteriormente screditata agli occhi dei cittadini con sempre meno risorse per fronteggiare il futuro. Impossibilitata ad assumere su di sé il peso dei finanziamenti a Kiev, la Ue dovrà ammettere obtorto collo il fallimento della politica sanzionatoria dettata da Washington e pedissequamente accettata da politici che tra i loro cittadini e la guerra per procura contro la Russia hanno scelto la seconda. In alternativa la Ue potrà decidere di proseguire nel tentativo fallimentare di conciliare l’idea di democrazia con l’oligarchia finanziaria che spiana la strada ai nazifascisti arrembanti. Il tutto mentre si salda l’alleanza informale ma palese tra Israele ed estrema Dx mondiale. Entrambi islamofobici e a tratti disumani come gli estremisti islamici, hanno trovato la quadra contro la Sx tollerante ma pavida e a meno di una rivoluzione ideologica totale, facilmente destinata a soccombere nei prossimi tempi.