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Il problema non è che è russo

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(di Massimo Gramellini – corriere.it) – Il problema non è che è russo, ma che è un balordo. Marta Maria, la sua compagna ucraina, cade in un dirupo vicino a casa, nell’isola di Ischia, e si ritrova più morta che viva, ma col telefono in tasca. Ancora non è dato sapere se del tragico scivolone I. B. porti una diretta responsabilità. Quel che è sicuro è che lei, da là sotto, lo cerca per ore e ore con chiamate e messaggi che non ottengono risposta, prima di spirare al termine di una notte di solitaria agonia. Quel che è altrettanto sicuro è che lui la picchiava spesso e volentieri, arrivando a strapparle i vestiti di dosso e a gettarla nuda sopra un fuoco acceso.

Che cosa ci facesse a piede libero un energumeno di tale fatta è uno di quei misteri sui quali ci si interroga sempre dopo.

A distrarre l’attenzione dalla polpa del discorso stavolta c’è pure la variante bellica: lui, russo, detestava la famiglia di lei, ucraina, e non mancava di manifestare il suo disprezzo per gli ucraini in genere. Però l’odio patriottico, mai encomiabile, in questo caso suona addirittura pretestuoso. Un tentativo di depistaggio emotivo per giustificare il vero movente dei comportamenti di quel cavernicolo, che non è l’amore per Putin ma la gelosia per la fidanzata, non il desiderio di impossessarsi dell’Ucraina ma di possedere i gesti e i pensieri di una donna, nella fattispecie ucraina, disponendo della sua vita come se appartenesse a lui, e a lui soltanto. Il problema non è che è russo, ma che è un balordo. E il balordo, purtroppo, è globalizzato.


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