
(Dott. Paolo Caruso) – Oltre ai molteplici problemi anche strutturali che penalizzano il mezzogiorno d’Italia, si aggiunge il problema della siccità che rende aridi interi territori del sud e che si acuisce principalmente in terra di Sicilia. Questa situazione è figlia di anni e anni di immobilismo attorno alla gestione dell’acqua e resa ancora più drammatica da un inverno particolarmente asciutto con modesta piovosità e temperature primaverili. Una estate estrema poi ha fatto il resto lasciando vuoti gli invasi con le dighe piene solo per 1/3. Gli invasi presentano ad oggi una perdita di più di 150 milioni di mc. d’acqua con un 60% in meno al loro interno rispetto allo scorso anno. La siccità uccide i raccolti e anche gli allevamenti sono allo stremo. Il bestiame rischia di essere abbattuto per mancanza di acqua e di foraggio. Delle dighe siciliane il 70% è limitato, fuori uso o in eterno collaudo e la mancanza di piogge ha reso manifesta l’incapacità di una politica regionale inadempiente, irresponsabile e poco attenta agli interessi della comunità. Con l’arrivo dell’estate e le temperature elevate la situazione è precipitata ed esplosa in tutta la sua criticità, infatti il razionamento dell’acqua è diventato oggi un’amara realtà non solo per le comunità urbane ma anche e soprattutto per gli agricoltori e gli allevatori. I dati forniti dall’Autorità di bacino in questa torrida estate 2024 sono in effetti preoccupanti. La siccità prosciuga il lago Fanaco dopo quello di Pergusa e Ogliastro mentre il Pozzillo e la centrale idroelettrica Anapo nel siracusano si trovano in difficoltà, mettendo in forte sofferenza la Sicilia orientale. Anche nel palermitano e nell’agrigentino la situazione non è per niente rosea, infatti le dighe Poma e Rosamarina sono al minimo storico, e il livello dell’acqua è diminuito drasticamente a causa delle scarse precipitazioni. La Sicilia è già dichiaratamente in zona rossa per la carenza di risorse idriche con gravi effetti sul settore agricolo, con una ridotta produzione di grano e frutta, e sull’allevamento per la mancanza di foraggio. Le ragioni di tale crisi comunque non sono legate esclusivamente ai cambiamenti climatici ma spesso si rifanno ad una mala politica, infatti i consorzi di gestione delle acque in Sicilia sono commissariati da oltre trent’anni, in un lasso di tempo in cui la Regione è stata priva di una seria struttura gestionale, senza progettualità e senza una adeguata manutenzione. Da qualche settimana i cittadini di molti comuni della provincia di Palermo, Trapani, Caltanissetta, Enna, Agrigento, e degli stessi capoluoghi rimangano a secco di acqua. Le responsabilità politiche sono enormi, infatti l’incuria, le speculazioni, la corruzione e gli interessi affaristico mafiosi hanno nel corso degli anni provocato il dissesto idrogeologico di interi territori e il mancato completamento di strutture vitali per la grande sete della Sicilia. Su tutte spicca la diga di Blufi, simbolo dello spreco ( finora duecentocinquanta milioni di euro spesi) e monumento della grande sete della Sicilia. L’incompiuta per eccellenza, che da sessant’ anni attende di essere completata, un vero e proprio scandalo in un momento in cui la Sicilia fa i conti con la più grave emergenza idrica di sempre. Su tutto stride la superficialità del governo regionale nell’adottare seri provvedimenti per la raccolta e la distribuzione delle acque in una terra assetata come la Sicilia mettendo fine alla vergognosa e interessata commercializzazione tramite le autobotti private.