
(Stefano Patuanelli) – Oggi si viene a sapere che Ursula Von Der Leyen avrebbe nascosto un report dell’Unione Europea che metteva in fila una serie di doverose critiche all’operato del Governo italiano, tali da mettere a repentaglio lo stato di diritto nel nostro Paese. Un rapporto congelato per fare un favore alla premier Giorgia Meloni, nel quale vengono distrutte le principali riforme come quella sul premierato, l’immonda riforma della giustizia, la “norma Costa” sulle intercettazioni, e preoccupazioni sulla libertà di stampa e sul conflitto d’interessi.
Nel mentre la Commissione occultava questo report, Giorgia Meloni vinceva le elezioni europee e, solo qualche giorno fa, s’incartava sul posizionamento europeo del suo Governo, arrivando alla paradossale conclusione di non contare nulla nonostante una pattuglia più che nutrita di europarlamentari.
I fatti sono doppiamente gravi: con quale diritto e secondo quali regole la Commissione ha dato una vantaggio simile a Giorgia Meloni, peraltro da candidata?
E Giorgia Meloni, nonostante un trattamento di favore al limite del markettistico, come ha fatto a dilapidare un simile vantaggio?
Da qualunque angolazione lo si guardi, il danno per i cittadini è doppio: non solo non sono venuti a conoscenza di questo rapporto quando sarebbe servito, ovvero prima delle elezioni europee; ma si ritrovano anche con un Governo che all’interno delle istituzioni comunitarie si è di fatto auto-annullato. E lo si è visto anche ieri, quando non è riuscito ad accaparrarsi nemmeno una presidenza di commissione del Parlamento europeo.
Verrebbe da dire che chi è causa del suo mal, pianga sé stesso, se non fossero in gioco gli interessi generali del Paese.