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Netanyahu, Washington e la fine della democrazia

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(Tommaso Merlo) – I parlamentari americani si sono alzati ogni tre secondi ad applaudire le menzogne di quel criminale di guerra di Netanyahu. Realtà che supera il complottismo. Parlamentari pagati dalla lobby pro Israele ridotti a burattini davanti al mondo intero che applaudono calorosamente ad un genocidio. Lobby e quindi soldi che si son comprati le loro opinioni ma anche la loro dignità. Soldi che si son comprati il loro ruolo e quindi la democrazia. Una scena raccapricciante che mostra una deriva che ci riguarda tutti. Non decide chi ha più voti, ma chi ha più soldi. Democrazie ridotte a teatrini e cittadini a comparse che sotto elezioni vengono illusi e aizzati gli uni contro gli altri e che poi son costretti a protestare fuori dai palazzi mentre dentro i parlamentari servono gli interessi delle lobby che gli finanziano la carriera. È la fine della democrazia e il trionfo dal capitalismo che ha ridotto l’umanità ad un grande mercato in cui i soldi si comprano tutto, perfino il corso della storia, perfino la testa e il cuore delle persone. Senza i soldi delle lobby pro Israele che hanno piegato la politica degli Stati Uniti ma anche dei governi europei, lo scenario in Medio Oriente avrebbe preso tutt’altro corso. Netanyahu ha confessato che Biden è suo amico da quarant’anni e che in passato il vecchio Joe si è definito un irlandese-americano-sionista. Netanyahu lo ha anche ringraziato per il grande sostegno ricevuto negli ultimi mesi, una ammissione di complicità non certo sorprendente. Biden si è intascano milioni e milioni di dollari dalla lobby pro Israele nel corso della sua carriera e non poteva certo sottrarsi sul più bello. Basta che li paghi e dicono e fanno quello che vuoi. Un business bipartisan. Netanyahu ha ringraziato infatti anche Trump per la genialata di spostare l’ambasciata statunitense a Gerusalemme e altre belle cose. Nel caso vincesse, non si sa mai. Mercato, non democrazia. Soldi, non valori. Quanto al discorso di Netanyahu è stato a dir poco penoso. Un vecchio ed autoritario trombone che ripete le solite fregnacce sioniste da decenni mentendo spudoratamente su tutto. Ha perfino avuto il coraggio di negare vittime civili a Rafah e dire che gli aiuti umanitari non erano fermati da loro ma rubati da Hamas. È rinchiuso in un bunker mentale fatto di nemici ed armi ed odio mentre tutto attorno a lui brucia. Il suo paese è spaccato e in ginocchio, il Medio Oriente in subbuglio, i tribunali internazionali lo inseguono e il mondo intero lo schifa. Un disastro epocale tra gli applausi di una manica di burattini che si bevono una propaganda ormai stucchevole e la sempiterna barzelletta dell’antisemitismo contro chiunque osi criticare il delirio sionista. Netanyahu è ossessionato dall’Iran ma soprattutto da una sua sconfitta che non concepisce. Grida, batte i pugni come se fosse il padrone di casa ed osanna il legame speciale tra Stati Uniti ed Israele che in realtà non ha nessuna ragione ma è stato costruito artificialmente a suon di soldi dalle lobby pro Israele che si sono comprate Washington per portare avanti la loro agenda in Medio Oriente. Tutto qui. Anche per questo molti americani sono imbestialiti, una esigua minoranza gli sottrae potere e risorse pubbliche mentre loro lottano per sopravvivere. Manco fossero una colonia israeliana e non viceversa. Realtà che supera il complottismo e che grazie al genocidio di Gaza sta emergendo in tutta la sua drammaticità. Ma incombono le elezioni, Kamala è allineata ma il partito democratico deve fermare il genocidio. Non per salvare donne e bambini a Gaza, ma per raccattare voti e battere Trump. Netanyahu ha sparlato solo di guerra, ma senza il pieno supporto americano è spacciato. E lo sa. Vedremo se riusciranno a farlo uscire dal bunker per firmare il cessate il fuoco ed ammettere la sconfitta. Nel frattempo segniamoci gli applausi scroscianti del congresso americano, una scena raccapricciante che conferma come il lobbismo abbia ridotto le democrazie a teatrini e i cittadini a comparse.


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