
(DI GIOVANNI VALENTINI – ilfattoquotidiano.it) – Si può disputare una partita truccata, con due avversari che non la porteranno a termine e un arbitro di parte? La domanda a cui dovrà rispondere l’Agcom non ammette risposte ambigue o evasive. Tocca all’Autorità sulle Comunicazioni impedire che il duello in tv fra Giorgia Meloni ed Elly Schlein si trasformi in un incontro di wrestling mediatico. Già nel 2022, in occasione delle Politiche dove si votava con il maggioritario ed erano in lizza due coalizioni, l’Authority stabilì in forza della par condicio che un unico dibattito tra due soli soggetti politici “risulta non conferme ai principi di parità di trattamento e imparzialità dell’informazione”: tanto più questo criterio deve valere oggi per le elezioni europee in cui si vota con il proporzionale.
Si sa già che quelle di Meloni e di Schlein sono candidature-civetta, destinate a ingannare gli elettori. Né l’una né l’altra metteranno mai piede al Parlamento di Strasburgo. E dunque, la loro esibizione televisiva sarebbe soltanto uno show propagandistico che avrebbe poco o nulla a che fare con l’Europa. Da qui all’inizio di giugno, non ci sarebbe nemmeno il tempo di organizzare i faccia a faccia fra tutti gli altri leader.
Quanto all’arbitro, Vespa ha scelto di avere con la Rai – per ragioni di convenienza economica – un contratto da “artista”. E in quanto tale, non è più tenuto a rispettare gli obblighi professionali di un giornalista della tv pubblica. Per di più, su un tema come il premierato che non potrebbe essere omesso nel dibattito, s’è già schierato a favore con un video sull’account della sua trasmissione e quindi della Rai. Né può valere la gabola di considerare questo duello un “approfondimento”, anziché un “confronto”: in quel caso bisognerebbe convocare “almeno tre partecipanti”, come prescrive la Commissione di Vigilanza. Neppure Telemeloni può assumersi ora la responsabilità di violare la legge sulla par condicio.