
(Tommaso Merlo) – L’Italia è un barcone senza timoniere in balia della tempesta. Nel mondo vi sono decine di guerre al momento e sfide inaudite, eppure dai palazzi del potere giunge un silenzio assordante e quando qualcuno si degna di aprire bocca si limita alle solite inutili frasi fatte. Siamo privi di una leadership politica all’altezza dei tempi. Capace cioè di interpretare una realtà sempre più complessa e portare avanti una visione. Un problema enorme che ci riguarda tutti. Ogni tanto dai palazzi si odono gli echi di qualche bega di condominio e grane addirittura famigliari, ma sulle cose che contano e vanno oltre il nostro pianerottolo, siamo politicamente nulli. Il pantano ucraino e il genocidio a Gaza con relativi rischi di escalation, ha evidenziato la gravità della situazione. Oggi la politica non dovrebbe dormire la notte, ragionando, confrontandosi, lanciando iniziative e tenendo aggiornati i cittadini sulla rotta e sulle sue ragioni. Ed invece silenzio di tomba e frasi fatte mentre serviamo in ginocchio gli Stati Uniti a matrice israeliana ed ubbidiamo agli ordini della Nato senza fiatare in modo da ingrassare le lobby delle armi nostrane anche a costo di passare da una guerra all’altra camuffandola con qualche panzana per non allarmare il popolino e anche a costo di aggirare la Costituzione con qualche cavillo politichese. E nessun politicante lo ammette e se ne assume le responsabilità. Certo, non è una novità che l’Italia non conti una mazza a livello internazionale, siamo una portaerei americana ormeggiata nel Mediterraneo e sotto ricatto di un debito abnorme e quindi dei mercati finanziari oltre che storicamente con scarsissima credibilità, ma oggi come oggi la politica nostrana sembra del tutto inconsistente. Colpa del neoliberalismo che sottrae il potere politico alle democrazie per darlo ai potentati economici, ma colpa anche nostra, di un campanilismo viscerale e di classi dirigenti sostanzialmente locali senza nemmeno i mezzi per riuscire ad incidere all’estero. Classi dirigenti cresciute nelle pance dei vecchi partiti in cui tutto ciò che esime dalla propria carriera poltronistica viene mal digerito. Un problema molto grave che ci riguarda tutti. Oggi comandano paradossalmente i cosiddetti sovranisti, i paladini della patria, eppure l’Italia non è mai stata così irrilevante e a rimorchio del potere altrui. Qualcosa non torna. Tra propaganda e realtà c’è davvero un abisso. Oggi come oggi tutte le questioni politiche sostanziali vanno oltre il nostro orticello nazionale. Le guerre nelle sue varie forme compreso quella narrativa, l’economia e quindi anche il lavoro, le nuove frontiere tecnologiche che sono anche morali, i rischi sanitari, l’immigrazione con società sempre più complesse ed interconnesse. Sono tutte sfide globali e paesi come l’Italia da soli sono del tutto impotenti. E dato che la storia non ha la retromarcia, se l’Italia vorrà almeno in parte tornare artefice del proprio destino deve accettare la sfida ed essere in grado di giocarsela dove conta, nell’arena globale. Se per paura ci si chiude invece ulteriormente, facciamo solo un favore ai potenti che hanno un soggetto in meno da considerare. Invece di arretrare, l’Italia deve adeguarsi ai tempi e produrre classi dirigenti con valori ancorati nella Costituzione e con gli attributi e le competenze per contrastare i deliri del decadente sceriffo americano, per arginare l’invadenza della Nato ma anche per dar vita a politiche alternative con gli alleati europei. L’Italia deve rifondare la sua politica dalle fondamente in modo che sia all’altezza delle sfide attuali. Diventando da provinciale a globale. È questa la vera priorità. Oggi oltre la metà degli italiani non vota talmente sono disgustati da un sistema partitocratico che non li rappresenta e che è sostanzialmente inutile. È tempo di lasciare spazio alle nuove generazioni e a nuovi progetti, è tempo che le nuove consapevolezze diano vita ad un diverso modo di fare ed intendere la politica. La china che ha preso il mondo è davvero spaventosa e non possiamo permetterci di procedere come un barcone senza timoniere in balia della tempesta.