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Fake news

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(Giuseppe Di Maio) – No, c’è poco da ridere. La querelle tra il Giornale e altri quotidiani riuniti contro Travaglio, non è derubricabile a polemica estiva, ma è la dimostrazione che i guai della democrazia vengono dalla cattiva rappresentazione della libertà di stampa. Più di una volta si è detto che il direttore del FQ è quanto di meglio passi il convento dell’informazione e questa diceria pare alimentata non già dalle sue qualità di scrittore e di indagatore dei fatti, ma proprio dalla sua visione della realtà e dalla sua libertà da obblighi padronali. I “colleghi” degli altri quotidiani, che mal sopportano la sua indipendenza, gli attribuiscono di volta in volta una missione politica: l’intenzione di compromettere il risultato delle urne, di veicolare il consenso a favore degli “amici”, di costruire la sua professione infangando personaggi pubblici. Purtroppo sono colleghi a libro paga che trasformano il libero consenso in carcere duro,  modificano il ritratto di una nazione che esprime una volontà generale perfettamente inversa agli interessi della maggioranza degli elettori.

La democrazia è un sistema nato da un pensiero elitario senz’alcuna corrispondenza con la realtà sociale. Se avesse qualche remota probabilità di funzionare dovrebbe avere una stampa a cui siano garantite indipendenza, obiettività, e verità. A questo scopo sarebbe opportuno istituire un tribunale dell’informazione, una magistratura che si occupi solo delle menzogne, delle diffamazioni, delle distorsioni, delle forzature, cioè del servizio che essa svolge per il padrone e che trasforma la libertà del voto in dittatura del potere economico. Questa magistratura dovrebbe agire direttamente, senza notizia di reato esterna, dovrebbe comminare le ammonizioni, le censure, le chiusure temporanee e definitive delle testate. Ma per avere una giustizia così, dovremmo avere dei partiti che abbiano a cuore la verità, un popolo che l’abbia capita, e un parlamento che rappresenti gli interessi dei più. Purtroppo non è così, e il padrone non ha nessuna intenzione di sciogliere i propri schiavi dalle catene delle convinzioni indotte.

Sallusti è il prototipo dell’intellettuale al servizio del Capitale, con punte di vero e proprio abuso del ridicolo. Si sente, ora più che mai, protetto da una temperie e da una volontà politica che torce la realtà dei fatti ad uso della maggioranza, dimostrando ancora una volta che la verità è funzione del potere. E, ancora una volta, noi siamo costretti a barricarci dietro convinzioni minoritarie, da dove, però, ti facciamo, Alessandro, i più sonori sberleffi, poiché tu e il tuo giornale non ci avete convinti: non ci hanno convinti i tuoi padroni, non ci ha convinto il tuo Presidente del Consiglio che ha preso il potere raccontando balle, e che lo protegge accanitamente da ogni verifica, da tutte le incursioni della realtà.


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