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Mariolina Castellone: “Io non contesto Conte, ma serve più democrazia”

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Mariolina Castellone, Vicepresidente del Senato – “Contro Beppe reazioni preoccupanti: lui difende i nostri valori”

(Di Luca De Carolis – ilfattoquotidiano.it) – Il giorno dopo quel post su Facebook di cui parla tutto il Movimento, Mariolina Castellone precisa: “Il post che ho scritto lunedì è indirizzato alla comunità del Movimento che si prepara a vivere un passaggio fondamentale in cui ciascuno deve poter dire la sua”. Di certo ha fatto rumore, quel lungo scritto in cui la vicepresidente del Senato denuncia “un grillicidio, con una violenza che mi ha profondamente turbata, portato avanti con tecnica bullesca, tutti contro uno”. Per poi sostenere: “Al pari di Grillo, sono convinta che non possiamo mutare il nostro Dna, racchiuso in quei tre pilastri: regola del secondo mandato, il nostro simbolo e il nostro nome”.

Perché quel post? Da dove nasce?

Volevo esprimere la mia opinione sulla modifica dei nostri principi fondanti. Dopo il post di Beppe e la risposta di Giuseppe si è aperto un dibattito. Ritengo importantissimo il processo della Costituente, e sono convinta che sia un metodo giusto per coinvolgere gli attivisti e tutta la nostra comunità. Anche perché attualmente vige un metodo verticistico in base a cui, da Statuto, il presidente nomina referenti, coordinatori e vicepresidenti. Dobbiamo tornare a coinvolgere la nostra base, anche tramite la piattaforma, e la Costituente è la strada giusta per farlo. Però non dobbiamo rinnegare la nostra storia.

Criticando il verticismo attacca Conte, di fatto.

Io non voglio attaccare Giuseppe, la sua leadership non è in discussione, ma contesto un metodo. Queste cose le ho dette a lui personalmente e le ripeto nelle assemblee interne, da mesi.

Nel Movimento manca democrazia interna?

Questo rischio esiste, sì.

Resta il fatto che lei ha dato del grillicida all’ex premier, no?

Non a lui. Ma in tanti hanno attaccato Beppe con termini ingenerosi, mentre dovremmo essergli tutti riconoscenti. Lui da garante si è limitato a ribadire l’importanza dei nostri principi fondanti, dicendo cose che per me sono scontate. Se non lo facesse, che garante sarebbe?

Perché questi attacchi a Grillo? Vogliono liberarsi di un padre politico ormai troppo ingombrante?

Spero di no, perché lui è il custode dei valori del M5S. Ma certe reazioni mi preoccupano.

Grillo di fatto non vuole che gli iscritti ridiscutano le regole. Stride con l’idea di democrazia partecipata e dal basso, non crede?

Lui non contesta certo il processo che porterà all’assemblea, in cui ci sarà tanto da discutere, a cominciare da come radicarsi davvero sui territori e dall’organizzazione interna. Beppe ha costruito il Movimento sull’idea di democrazia partecipata. Semplicemente, ha espresso la sua opinione, da garante, sull’importanza di preservare i nostri principi fondanti. La regola dei due mandati è un qualcosa che ci differenzia dagli altri partiti, la nostra identità. Perché da quello passa l’idea che il potere appartiene ai cittadini e non agli eletti. Se cambiassimo modo di fare politica come faremmo a distinguerci dalle altre forze del campo progressista, che su molti temi hanno proposto molto simili o uguali alle nostre? Io credo che a un movimento faccia bene una dialettica interna. Al M5S è utile che qualcuno ribadisca l’importanza di quelle regole, come del nostro simbolo.

Ha sentito Grillo in questi giorni?

No, non ci siamo sentiti. L’ultima volta che ci siamo visti è stato al suo meraviglioso spettacolo a Roma, dove c’era anche il presidente Conte.

Lei lo ha difeso anche sulla nascita del governo Draghi, sostenendo che avesse detto sì a quell’esecutivo solo per non spaccare il gruppo parlamentare. Ma fu lui a trattare al telefono con l’ex presidente della Bce, arrivando poi a definirlo “un grillino”, e a imporre Roberto Cingolani come ministro della Transizione, in quota 5Stelle.

Quella definizione la trovo una provocazione, nel suo stile. Dopodiché sul governo Draghi io ho raccontato ciò a cui ho assistito da semplice parlamentare. Tanti eletti volevano entrare in quell’esecutivo perché eravamo in un momento delicato per il Paese, o anche semplicemente per non perdere il posto in Parlamento o da ministro. Luigi Di Maio e i suoi ai tempi volevano sostenere a tutti i costi Draghi. La scissione si sarebbe potuta verificare già allora, e Grillo si mosse per evitare spaccature. Non aveva nulla da guadagnare dalla nascita di quel governo.

I suoi colleghi cosa le stanno dicendo in queste ore?

Mi sono arrivati alcuni messaggi. Ma glielo ripeto, io voglio solo esprimere le mie idee e aiutare la discussione.


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