Il grande caos dopo la sentenza della Cassazione sugli impianti fuorilegge
(Francesca del Vecchio – lastampa.it) – TORINO. A quattro mesi dalla pubblicazione della sentenza della Corte di Cassazione del 18 aprile 2024 che stabiliva la non equivalenza tra procedura di approvazione e di omologazione dei dispositivi elettronici di controllo della velocità – gli autovelox – è caos in tutta Italia a causa dei molti ricorsi per le sanzioni ricevute, esposti e denunce a sindaci e prefetti da parte delle associazioni di categoria. Motivo per cui i primi cittadini chiedono al ministro dei Trasporti di intervenire.
E dire che Matteo Salvini, un’occasione per chiarire il vulnus che si è creato dopo la sentenza della Corte l’aveva avuta: quella del decreto autovelox pubblicato in Gazzetta il 28 maggio. Nel testo, però, non si fa menzione alla questione omologazione: non viene specificato a chi compete tale operazione e, soprattutto, vengono utilizzati i termini “approvazione” e “omologazione” spesso come sinonimi. Com’era prevedibile, questo vuoto – o per meglio dire caos – normativo ha aperto la strada a migliaia di ricorsi per sanzioni ricevute, oltre che al sequestro di dispositivi in 10 regioni: Liguria, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Basilicata, Molise, Puglia, Calabria e Sicilia. Si parla di migliaia di esposti, anche se il numero esatto non è disponibile, a cui si aggiungono quelli presentati tramite le associazioni, come per esempio gli oltre 1.000 ricorsi raccolti da aprile ai primi di agosto dall’associazione Altvelox in tutta Italia. «Il 95% delle istanze viene accolta e le multe annullate – spiega il presidente di Altvelox, Gianantonio Sottile – il problema è che le amministrazioni impugnano le sentenze in secondo grado e a quel punto, un utente preferisce pagare la sanzione piuttosto che l’avvocato». Si tratta della stessa associazione che ha anche presentato denuncia nei confronti di «35 sindaci e 10 prefetti», tra cui i primi cittadini di Padova, Bologna, Treviso, Piombino. «La prossima settimana partiranno le denunce anche nei confronti del sindaco di Verona e di quello di Sondrio, mentre il Prefetto di Venezia ci ha chiamati per avere un colloquio e intavolare un dialogo e questo lo apprezziamo», spiega ancora Sottile. Diffide sono state inviate invece ai sindaci di Avellino e Como «visto che stanno installando proprio in questi giorni i dispositivi. Gli chiediamo di aspettare finché non sarà chiara la normativa». Dal canto loro, i sindaci di tutta Italia tramite Anci hanno inviato una lettera al ministro Salvini per chiedere che la situazione di impasse venga risolta.
Solo alcuni giorni fa, comunque, il ministro garantiva di poter «chiudere a settembre la questione autovelox con l’approvazione definitiva al Senato del nuovo codice della Strada», archiviando tutte le pratiche sospese. Una eventualità attesa da tanti in un Paese che conta oltre 11 mila apparecchi. Il decreto pubblicato a maggio, infatti, alla voce «modalità di uso dei dispositivi e attività complementari al controllo» non aveva definito criteri normativi chiari spiegando solo che durante l’installazione dei sistemi bisogna rispettare le prescrizioni «contenute nei decreti di approvazione o di omologazione dei medesimi», come se fossero pratiche alternative. Mentre, al contrario, per essere legittima la sanzione, deve essere stata emessa a seguito di un accertamento effettuato da un dispositivo approvato e omologato. Insomma, se da un lato la Cassazione insiste nel ritenere le procedure due cose diverse, il ministero non ha ancora risolto il problema. Risultato: non c’è una linea precisa e c’è chi tra le amministrazioni pubbliche, in attesa di un chiarimento, ha deciso di non sospendere l’utilizzo dei dispositivi.