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Netanyahu tira dritto

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(Tommaso Merlo) – Niente, Netanyahu tira dritto per adesso. Unica novità la panzana che se non controlla il Corridoio Filadelfia, Hamas si porta gli ostaggi in Iran. Già, mentre grazie alla sua strategia gli ostaggi vengono giustiziati sul posto. Netanyahu ed i coloni invasati con cui governa vogliono la vittoria totale. Lo hanno detto mille volte. Vogliono uccidere il capo di Hamas e costringere alla resa i militanti che ancora resistono tra le macerie e poi procedere con la progressiva pulizia etnica anche dell’enclave secondo la loro tradizionale strategia, quella di rendere la vita impossibile ai palestinesi in modo da costringerli o a reagire e poi venire puniti e dandogli pure la colpa, oppure convincendoli a fare le valigie e levarsi dai piedi. Per chi invece si ostina a restare, è offerta la resa e la sottomissione. Con le buone o con le cattive. Lo fanno da decenni. Il muro e le mille beghe burocratiche legate al regime di apartheid, i continui check-point e la chiusura improvvisa di strade con blocchi di cemento e mucchi di detriti dentro il territorio palestinese, il controllo e l’uso politico dell’acqua e della luce e di ogni merce e persona che entra ed esce dalla Palestina. Una persecuzione psicologica oltre che materiale. Una strategia che sta funzionando. Ci sono 15 milioni di palestinesi al mondo e la metà vive lontano dalla Palestina. Rifugiati delle varie ondate e loro discendenti ma anche continue diaspore dovute ad una vita resa impossibile con intere generazioni di giovani che scappano lontano da tutto quell’odio nella disperata ricerca di normalità. A Gaza vogliono fare lo stesso, vogliono avere il potere assoluto su tutto ciò che entra ed esce ed utilizzare quel potere per perseguitarli. Man mano concederanno ai palestinesi di partire ma non certo di tornare. Anche i bulldozer che sono entrati in Cisgiordania in questi giorni a distruggere parti di città, fanno parte della stessa prassi. Rendergli la vita impossibile. Esasperarli. Perché l’obiettivo sionista è sempre lo stesso, la terra dei palestinesi senza di loro tra i piedi. A Gaza pensavano di avere risolto il problema con un mega campo profughi isolato e rinchiuso da muri e fili spinati. Ed invece proprio da lì hanno subito il peggiore smacco della loro triste storia. Il conseguente genocidio serve a sfogare rabbia ed odio viscerale, serve a dare una lezione ai ribelli e a chiunque osi imitarli e già che ci sono serve a riprendere la pulizia etnica anche in quel fazzoletto diventato troppo popolato e quindi esplosivo. Lo hanno sempre bombardato con regolarità, ma si vede non abbastanza e questa è l’occasione giusta. Del resto è fisica. O allarghi i confini o diminuisci gli abitanti. Nessuna novità quindi, tranne il caos in Israele causato dalla crisi degli ostaggi e da una guerra che si conferma la più lunga e sanguinaria dal 1948. Molte famiglie degli ostaggi non rispondono nemmeno più alle chiamate di Netanyahu e all’invito alla cerimonia di commemorazione del 7 ottobre hanno risposto col dito medio. Sono esasperati pure loro. Quel fascistone usa politicamente gli ostaggi per giustificare le sue brutalità ma poi alla fine mette sempre prima se stesso e i propri deliri sionisti. Pare che Netanyahu abbia patito lo sciopero generale, l’economia nazionale già soffre e ci manca pure che incroci le braccia. A conferma di come una rivolta popolare contro di lui, con ripercussione politiche che portino alla caduta del suo governo, sia una via plausibile per superare la crisi e girare pagina. Altra via potrebbe essere quella americana. Se avesse voluto, quel rincoglionito di Biden avrebbe potuto evitare decine di migliaia di morti innocenti con una sola telefonata. Dicendo semplicemente a Netanyahu che se non tornava a cuccia non gli avrebbe mandato nemmeno una pistola ad acqua e tantomeno meno un dollaro. Ed invece quel che rimane di Biden ha dovuto sdebitarsi con la lobby pro Israele che da decenni gli finanzia la carriera e gli lava il cervelletto. Alla faccia della democrazia e dei diritti umani e di tutte le panzane a stelle e strisce. Il genocidio è un duro colpo anche alla leadership statunitense ormai davvero a fine corsa. Ma dato che ci sono le elezioni, da Washington fanno sapere che stanno preparando una proposta “prendere o lasciare” e nel caso quel fascistone rifiutasse li lasceranno soli. Invece cioè da fargli da armeria, banca e guardia del corpo, Netanyahu se la dovrebbe vedere da solo. Una decisione che segnerebbe la fine di Netanyahu ma anche di tutto il progetto coloniale sionista nel giro di pochi mesi e per adesso è pura fantascienza. L’unica cosa sicura è che la presentazione da infimo scolaretto di Netanyahu su Gaza è un segno di grande debolezza. È sempre più isolato e detestato nonché politicamente disperato. Il suo paese è nel caos e lui rimane rinchiuso in un bunker anche mentale terrorizzato di passare alla storia come il peggiore nemico di Israele e di finire dietro le sbarre per i suoi crimini contro l’umanità.


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