
(Giuseppe Di Maio) – Se dovessi scegliere tra un reazionario e un conservatore, cioè tra un servo che aspira a diventare padrone e uno che si considera già seduto alla mensa padronale con diritto di cibarsi di un numero definito di portate, beh: io sceglierei il primo. Il reazionario, sbagliando e contravvenendo, è ancora capace di cambiare le regole del gioco per allargare la maglia della penetrazione sociale; il conservatore, pur rispettando le regole, non accetta le trasformazioni che potrebbero compromettere la propria condizione. E’ per questa ragione che la rivoluzione radicale dei giorni nostri, sebbene nella contiguità degli obiettivi teorici, non ha attecchito tra gli elettori del PD, ma si è avvalsa dei voti della destra e dei disillusi del non voto. E’ per questa ragione che, ad esempio un Di Battista, disprezzava la classe dirigente dei conservatori che considerava più nemica di qualsiasi destra.
La mutazione avvenuta nella classe operaia delle società europee e nord americane nella seconda metà del ‘900, ha trasformato i partiti della sinistra da radicali a moderati, i loro elettori da proletari a borghesi. Troppo spesso le loro politiche economiche sono state sovrapponibili a quelle della destra reazionaria, indistinguibili gli obiettivi sociali delle masse da quelli padronali. Tuttavia il malessere che è covato dalla fine degli anni ’90, ha mostrato che la classe operaia non sempre era diventata popolo grasso, che la piccola borghesia si assottigliava fino a diventare trasparente, e che il processo di proletarizzazione della società era così violento che mancava persino della necessaria denuncia teorica.
E’ in questo panorama che è nata la reazione grillina. E, guarda caso, ha arruolato sostenitori tra i diseredati orfani del populismo berlusconiano, ma non tra gli allocati della sinistra dem. I due o tre lustri che hanno assistito alle volizioni ideologiche del Movimento sono serviti a portarlo a questo appuntamento dottrinale. Siamo tutti in trepida attesa che il suo popolo (per quanto di poco migliore della media degli altri elettorati) tratteggi la strategia per i suoi portavoce. Una strategia che sbatta in faccia agli pseudo alleati la sua natura di sinistra rivoluzionaria, intollerante ai compromessi, agli sgambetti, ai bizantinismi coriacei di una classe politica cancrenosa. Sì, lo so, voi direte che anche questo popolo è come tutti gli altri manovrabile, incapace di capire granché della struttura sociale, afflitto da corruzioni, falsi problemi e indegne lotte intestine. Sì, ma non abbiamo nient’altro che questo, a conservarci un briciolo di cittadinanza.