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Il vecchio Donald, la pace e la Cina

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(Tommaso Merlo) – Se questo mondo fosse sano, Donald Trump sarebbe ricoverato in una clinica psichiatrica altro che ambire alla Casa Bianca. Kamala Harris lo ha sculacciato per le feste davanti ai cittadini americani ma non certo perché sia un fenomeno, ha solo vent’anni di meno e discreti livelli di istruzione e salute mentale. La Harris ha perfino leggiucchiato qualcosina in vista del dibattito, mentre il vecchio Donald si è affidato alle solite supercazzole che però ormai padroneggia in maniera sempre più incerta. Del resto galoppa verso gli ottant’anni, ha la stessa età di Bill Clinton diventato presidente nel 1993. E se non bastasse, un karma maligno lo ha piazzato nel giro di qualche settimana nella posizione della buonanima di Biden, quella del matusalemme rincitrullito. Un quadro clinico e una sfiga cosmica aggravati da un narcisismo che ha superato la patologia finendo nel ridicolo oltre che da una tendenza a dire frottole da bambino delle elementari. Davvero un personaggio rappresentativo della nostra era, quella dell’egoismo che ci riduce a vittime del personaggio che recitiamo e talmente ossessionati da noi stessi e dai nostri miraggi da non renderci conto dei danni che facciamo agli altri e al mondo oltre che a noi stessi. Io, io e ancora io mentre tutt’attorno son solo macerie. Vale per Trump come per gli Stati Uniti devoti del Dio danaro che li sta trascinando da un disastro bellico all’altro con una disinvoltura agghiacciante. Dopo aver provocato la guerra in Ucraina spingendo la Nato verso Mosca, si ritrovano perfino complici di un genocidio in Terra Santa come se nulla fosse. Eppure durante il dibattito sono volati slogan, insulti e fake news ma nemmeno un cenno alla pace. Come se per loro la pace non fosse un valore e tantomeno un obiettivo politico. Come se la pace non fosse una scelta che dipende anche da loro, ma una utopia da filosofi. La guerra la concepiscono ormai come normalità, come se fosse parte della vita delle persone e quindi di un paese e sia in fondo inevitabile. Pensieri che diventano realtà. Gli Stati Uniti solo la principale minaccia mondiale, insanguinano il pianeta da decenni con guerre inutili eppure è come se la politica fosse stata comprata e quindi inglobata dalla loro immensa industria bellica finendo per farne parte. Questo grazie al Dio denaro che spadroneggia ovunque e grazie ad una sottocultura della guerra inculcata fin da bambini. Con generazioni cresciute a videogiochi e film sanguinari, a pistole di plastica e fucili veri in un ambientino da caserma in cui la violenza è ovunque. In modo che da adulti scattino sull’attenti, in modo che la pace non gli venga nemmeno in mente e lo sguardo rimanga fisso verso il prossimo nemico. Senza mai guardarsi allo specchio, senza capire che il nemico ce l’hanno dentro e si chiama ego e la principale minaccia mondiale sono proprio loro e pure da mo’. Gli unici che cominciano a lagnarsi della guerra negli Stati Uniti sono i cittadini che volenti o meno la finanziano e guardando oltreoceano si accorgono che mentre i loro politicanti girano con l’elmetto, le loro strade sono pieni di buche e di spazzatura anche sociale e sono privi perfino di quello che altrove è considerato un diritto fondamentale come l’assistenza sanitaria e l’istruzione. In Europa grazie allo stato sociale si vive perfino più a lungo mentre la Cina sta letteralmente procedendo verso un altro pianeta. Certe mega infrastrutture negli Stati Uniti le fanno giusto ad Hollywood con gli effetti speciali e anche a livello di nuove tecnologie stanno perdendo la leadership. Sull’Intelligenza Artificiale la Cina galoppa paurosamente mentre le Tesla rispetto alle nuove macchine elettriche cinesi sono dei baracconi costosissimi al punto che per correre ai ripari sono tornati ai dazi del secolo scorso. Uno smacco emblematico di cui nessuno parla, ma il motore a scoppio ha aperto un paradigma e lo sta chiudendo. Poi c’è l’aspetto reputazionale. A furia di piantar disastri gli Stati Uniti appaiono in tutta la loro deleteria natura coloniale, la Cina rappresenta invece per molti una interessante novità che per adesso non sembra intenzionata a sparare missili a caso. Certo, in Cina vi sono tante ombre a livello democratico, ma la deriva lobbistica occidentale ha ben poco da insegnare con la politica ridotta a fare l’impiegata dell’oligopolio. Bazzecole per il vecchio Donald e anche per la Harris che se avesse certe strane idee per la testa non sarebbe certo lì a sghignazzare. Parola d’ordine continuità e fervente devozione al Dio danaro. Adesso bisognerà vedere se le sculacciate incideranno nei sondaggi e come si posizioneranno gli elettori last minute. I bookmakers sono tutti a favore della Harris ma concordano che il vecchio Donald non è ancora fuori dai giochi. Troppo rappresentativo della nostra delirante era egoistica e pefetto alfiere dell’odio verso un sistema che sta segnando il declino degli Stati Uniti e anche di tutto l’Occidente se l’Europa non darà segni di vita.


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