
(Giuseppe Di Maio) – Tav, premierato, ponte sullo stretto, la Russa, Costituzione, salario minimo, reddito di cittadinanza, rapporti con Israele e con Bin Salman, Jobs Act, legge elettorale, conflitti d’interesse, etica pubblica e Giustizia, tutti temi in cui Renzi vota con la destra. Così ha elencato Marco Travaglio nella trasmissione “otto e mezzo” del 10-settembre. Per la proprietà transitiva dei voti e delle intenzioni, se uno vota con la destra vuol dire che è destra, e se qualcuno lo vota vuol dire che anche quell’elettore è di destra. Ora, nella stessa trasmissione venne fuori (sempre da Travaglio) la bislacca idea di qualcuno non identificato che per far fuori Meloni bisognava trasportare dentro la “sinistra” Forza Italia, e il ponte di questa operazione doveva essere Renzi. Idee permanenti della politica italiana, una riedizione del patto del Nazareno, cioè l’unione dei conservatori a scapito dei reazionari e dei radicali. Ma per quanto si dica che queste siano fandonie, distrazioni, dal palco di Alleanza Verdi Sinistra si continua a provocare l’elettorato con formule che nessuno vuole.
Che sia + Europa, Azione, o Italia Viva, i cespugli nati dal PD hanno una sola politica: sabotare il sistema bipolare e mettersi a cavalcioni tra i blocchi contrapposti. Che futuro avrebbero questi partitini senza idee e senza elettorato (tra cui spicca la sola intenzione di gestire ed esacerbare l’esistente) in un sistema maggioritario? Nessuno. Dunque, essi si candidano ad essere parassiti dei blocchi alternativi. La loro politica è di destra, ma a destra non vogliono spartire la torta con nessun’altro; allora eccoli amoreggiare con il blocco di sinistra che li ha generati, e che di politica antiliberale e anti-reazionaria ormai ha solo il nome. I segretari del PD paiono fatti con lo stampo, almeno quelli che vogliono sopravvivere in quel partito. La Schlein, che abbraccia tutti e fa un discorso anche se parla del tempo, ma non si capisce niente di quel che dice nelle dichiarazioni importanti, antepone i temi ai nomi. Bene! E di che temi vuole parlare, quali vuole concordare con Renzi e comitiva? Ha pensato che se espelle la comitiva dei saprofiti fuori dell’alleanza questa potrebbe decomporsi senza dare più segni di sé presso gli elettori, così come è già avvenuto alle elezioni europee? Ha pensato che è meglio costringere il loro sparuto elettorato a scegliere tra i blocchi contrapposti senza la contrattazione con i loro leader? Ha pensato che alle elezioni la somma algebrica dei voti non conta, e che impedisce poi il governare?
Non è solo l’ambiguità del PD a non capire questa cosa, essa è un’idea potente della politica italiana: il centrismo, di cui il PD e FI sono eredi. I democristiani uniti sono una tentazione troppo forte, un progetto che espelle di qua e di là i radicali e i reazionari, e di cui Draghi è il profeta. Poi però i genieri, che non si sono accorti che la politica è cambiata in tutto l’Occidente, che il popolo vuole soluzioni non vivacchiamenti, rifaranno la fine del 2018. Certo, però, che se il popolo disgustato non andasse più a votare, se l’affluenza cadesse al 30%, sarebbe cosa fatta.