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Roma, il tavolo fantasma per l’alluvione in Romagna. E i soldi Pnrr non ci sono

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1,2 mld – A 8 mesi dall’annuncio mancano ancora i decreti attuativi

(Di Natascia Ronchetti – ilfattoquotidiano.it) – Chi non lo rammenta? Era giugno del 2023 e il ministro alla Protezione Civile Nello Musumeci a nemmeno un mese dalla terribile alluvione del 16 e 17 maggio diceva agli amministratori locali dell’Emilia Romagna che il “governo non è un bancomat”. Tanti, tra Bologna, Ravenna, Cesena, tra i piccoli paesi della pianura e dell’Appennino romagnolo nuovamente travolti da acqua, fango, frane, lo hanno ricordato ieri. Anche perché l’occasione per gelare i sindaci e l’allora presidente della Regione Stefano Bonaccini era arrivata alla prima convocazione del tavolo permanente per la gestione dell’emergenza sulla alluvione insediato a Palazzo Chigi.

Un tavolo fantasma. Perché nessuno ne ha più avuto notizia. “Una convocazione e poi non abbiamo saputo più nulla”, spiega lo staff della attuale presidente della Regione Irene Priolo. Secondo Musumeci avrebbe dovuto essere “un tavolo di coordinamento, il che significa confrontarsi sui criteri e sulle priorità. Invece qualcuno ha pensato che la riunione dovesse servire soltanto per portare l’elenco delle spese e riscuotere”.

Ma avrebbe dovuto essere permanente, come annunciato e promesso, per mettere in fila tutti gli interventi da realizzare. Invece il ministro non si è più fatto sentire, nessuno è stato più riconvocato. Tutto dimenticato? Ci sono tante cose che non tornano nella partita della ricostruzione della Romagna alluvionata. Non torna nemmeno il silenzio calato su quegli 1,2 miliardi che la premer Giorgia Meloni aveva annunciato in arrivo, il 17 gennaio scorso, per le opere pubbliche. Lo aveva fatto a Forlì, insieme alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, davanti a una parata di sindaci, spiegando che erano fondi attinti dal Pnrr per rimpinguare gli stanziamenti già approvati. E quindi sarebbero serviti per la ricostruzione di scuole, strade, centri sportivi, per il ripristino di aree compromesse, per interventi di contrasto al dissesto idrogeologico. Il punto è che mancano ancora i decreti attuativi, che già nella primavera scorsa erano stati sollecitati dalla Regione. Si era, allora, in aprile e l’assessore regionale al Bilancio Paolo Calvano ne chiedeva conto: “Sono passati tre mesi e il governo non ha ancora provveduto a sbloccare il nuovo stanziamento”.

Adesso di mesi ne sono trascorsi otto, come fanno notare gli amministratori emiliano-romagnoli. Quegli 1,2 miliardi avrebbero dovuto aggiungersi ai 2,8, destinati sempre alle opere pubbliche, messi a disposizione del commissario alla ricostruzione Francesco Figliuolo. Che fino ad ora ne ha destinati poco più di 1,6 alla realizzazione di oltre 6.100 interventi per la messa in sicurezza del territorio.

Come mai manchino ancora all’appello se lo chiedono anche i promotori dell’appello per l’Appennino romagnolo, ancora una volta devastato da frane, smottamenti, strade impraticabili. “Sapevamo che sarebbe accaduto questo: lasciando sguarnito e indifeso un territorio già reso estremamente fragile dalla precedente alluvione era tutto ampiamente prevedibile – dice Gianni Fagnoli, imprenditore agricolo di Rocca San Casciano, nel Forlivese –. E ci domandiamo dove sono finiti i soldi annunciati con la fanfara, e la solita passerella, dalla nostra premier. Questo è il risultato. La ricostruzione la stiamo facendo noi romagnoli, con le nostre sole forze. Stiamo facendo i miracoli”.


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