
(Giancarlo Selmi) – Immaginate di avere un’impresa e di pagare 300.000 all’anno euro a un consulente pubblicitario. Uno che dovrebbe fare girare il nome della vostra azienda, in maniera positiva, ovviamente. Uno chiamato a utilizzare il mezzo della comunicazione, per aiutarvi a vendere il vostro prodotto, o il vostro servizio. Oppure uno spin doctor, che dovrebbe occuparsi di accreditare il vostro nome presso gli elettori e farvi vincere le elezioni, farvi prendere più voti.
Immaginate che questo consulente faccia poco per onorare il suo impegno e motivare lo stipendio. Anzi, faccia l’esatto contrario di ciò per cui è pagato. Che perculi la vostra azienda, che ridicolizzi il direttore di quell’azienda, che dica ai giornali, con battutacce a effetto, che quel direttore non è all’altezza, che è un incapace, che il prodotto che vende è una ciofeca. Che il servizio che vende è inutile e non vale il prezzo di vendita. Oppure, in qualità di spin doctor, non andare a votare, dimostrando l’inutilità del voto. Cosa fareste? Cestinereste il contratto? Lo strappereste? Caccereste via a suon di pedate nel didietro, il consulente? Sarebbe oltremodo legittimo, vero?
Infine: se quel consulente avesse un ruolo nella vostra azienda e, proponendo nulla in alternativa, si mettesse di traverso a un processo di modernizzazione della stessa? Se volesse bloccare un’assemblea degli azionisti che intendesse discutere su come avviare un miglioramento di quell’azienda? Se volesse impedire l’acquisto di un nuovo macchinario giudicato utilissimo e imprescindibile, per il proseguo dell’attività dell’azienda, dagli azionisti, ergo dai veri proprietari della stessa? In quel caso cosa sarebbe opportuno fare?
Ecco spiegato, in sintesi, con un paragone che richiama il mondo reale, perché sarebbe giusto interrompere il pagamento del compenso reclamato da Grillo. E, usando lo stesso paragone, l’atteggiamento e la conseguente guerra scatenata dall’ex comico. Ci si può arrampicare sugli specchi quanto si vuole, ma, alla fine, questo è.