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Meloni premiata da Musk, la premier imita Trump: “Credo nel patriottismo occidentale”

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Ha ricevuto il “Global Citizen Award 2024” alla Ziegfeld Ballroom di New York

Meloni premiata da Musk, la premier imita Trump: “Credo nel patriottismo occidentale”

(Tommaso Ciriaco – repubblica.it) – NEW YORK – “Make West Great Again”. L’avesse ascoltata Donald Trump, si sarebbe spellato le mani. Lo fa Elon Musk, che la premia con il “Global Citizen Awards” dell’Atlantic Council. Giorgia Meloni, arrivata a braccetto del consigliere militare Franco Federici, sale sul palco attorno alle 20.30 di New York, notte fonda in Italia. E’ vestita di nero. Sullo schermo, le immagini che le hanno permesso di entrare in sintonia con la Casa Bianca: lei che diventa la prima donna ad entrare a Palazzo Chigi, saluta Joe Biden, abbraccia Volodymyr Zelensky, presiede il G7 e sostiene la Nato.

Prende dunque la parola e si produce subito in un discorso marcatamente identitario, con una filosofia che ricorda l’ala radicale dei neo-con di un paio di decenni fa. Non nazionalista come al solito, però: piuttosto sovranista, ma di un sovranismo allargato al blocco atlantico. Ogni platea ha il suo messaggio, nel pragmatismo meloniano. Che stavolta allarga il concetto all’intero Ovest, ai suoi valori, alla sua storia. “Il patriottismo – dice – è la miglior risposta al declinismo”.

L’attesa per la celebrazione affidata al padrone di Tesla è alta. Alla vigilia, si temono addirittura proteste e tensioni fuori dal teatro che ospita l’evento: il think tank mantiene una neutralità politica, ma Musk è ariete e finanziatore del candidato repubblicano. L’ha scelto Meloni, non a caso. Un ponte verso Donald, nel caso dovesse prevalere il 4 novembre.

L’imprenditore si presenta davanti alla platea e parla meno di un minuto. Riconosce alla premier italiana un lavoro “straordinario”. E cerca la battuta (di dubbio gusto e scarsa riuscita): “E’ un onore essere qui per consegnare questo premio ad una persona che è addirittura più bella dentro che fuori”. Poi aggiunge: “Ha fatto un lavoro incredibile, con una crescita e un’occupazione record. E’ una persona onesta, vera, autentica”. Un attimo di pausa, altra battuta: proprio per questo, il senso, non sembra una politica.

Attorno a uno dei tanti tavoli circolari colpiti da luci bianchi e lilla, lo staff ora ascolta la premier e applaude senza trattenersi. C’è la segretaria particolare Patrizia Scurti, il portavoce Fabrizio Alfano e il resto della delegazione. Meloni si produrrà in cinque citazioni, non prima di aver però ringraziato “Elon per il suo prezioso genio”.

Il primo richiamo serve a definire il senso dell’intervento. E’ un articolo di “Politico” sul “nazionalismo occidentale di Meloni”. “Non so se nazionalismo sia la parola giusta – precisa – perché spesso richiama dottrine di aggressione o autoritarismo. Tuttavia, so che non dovremmo vergognarci di usare e difendere parole e concetti come Nazione e Patriottismo (le maiuscole sono quelle contenute nel testo diffuso in serata, ndr). Queste parole significano più di un luogo. Significano uno stato d’animo a cui si appartiene condividendo cultura, tradizioni e valori”.

Stasera non si parla di Italia, dunque, ma di un sovranismo transatlantico. “L’Occidente è più di un luogo fisico – si esalta Meloni – Non definiamo semplicemente Paesi con una specifica ubicazione geografica, ma una civiltà costruita nel corso dei secoli con il genio e i sacrifici di molti”. All’Onu, al mattino, aveva chiesto uno sforzo a favore del multilateralismo, a sera tutto finisce travolto dall’orgoglio dell’Ovest: “Un sistema di valori in cui la persona è centrale, uomini e donne sono uguali e liberi, e quindi i sistemi sono democratici, la vita è sacra, lo stato è laico e basato sullo stato di diritto. Mi chiedo: sono valori di cui dovremmo vergognarci? E questi valori ci allontanano dagli altri, o ci avvicinano agli altri?”.

Immancabile, a questo punto, arriva la citazione di Roger Scruton e della “oikofobia”. E’ “l’avversione per la propria casa, un disprezzo crescente, che ci porta a voler cancellare violentemente i simboli della nostra civiltà, negli Stati Uniti come in Europa”.

Meloni prova per un attimo anche a bilanciare, avvertendo del problema opposto: “proclamarsi superiori agli altri”, diventando una fortezza chiusa e autoreferenziale.Ma dura poco, qualche frase dopo è di nuovo orgoglio e patriottismo occidentale consegnato in dote a Musk. Credere nei valori, insiste la premier, vuol dire credere in se stessi: “Come diceva il mio insegnante d’inglese, il cantante Michael Jackson – è la terza citazione di Meloni – “I’m starting with the man in the mirror, I’m asking him to change his ways.” Dobbiamo iniziare da noi stessi, per capire chi siamo veramente e rispettarlo”.

Si riferisce in particolare alle autocrazie che professano la fine inevitabile dell’Occidente, “l’idea che le democrazie stiano fallendo”. In realtà, contesta una tesi a lungo cara proprio alla destra sovranista, che ha a lungo esaltato il putinismo e strizzato l’occhio all’orbanismo, guidata dalla fascinazione dell’uomo forte al comando.

Non stasera, comunque. Non a caso, Meloni si produce nella quarta citazione: “Il rpesidente Reagan una volta ha detto: “Dobbiamo renderci conto che nessun arsenale, o nessuna arma nell’arsenale del mondo, è così formidabile come la volontà e il coraggio morale di uomini e donne liberi. È un’arma che i nostri avversari nel mondo di oggi non hanno. Il patriottismo è la migliore risposta al declinismo”.

Perfetta, a questo punto, anche la quinta citazione, quella di Giuseppe Prezzolini: “Chi sa conservare non ha paura del futuro, perché ha imparato le lezioni del passato”. L’Ucraina finisce in fondo al discorso, ma comunque c’è: Meloni promette sostegno per evitare che prevalga la legge del più forte e altri autoritarismi prendano spunto dall’aggressione russa a Kiev. Non è un punto su cui insiste troppo, da qualche mese. E d’altra parte, non è un dossier caro a Trump. Meglio non rischiare.

Meloni non vedrà né Biden né Zelensky. L’agenda stravolta pur di non schierarsi

Cancellata la cena col presidente Usa ed è stato anticipato il rientro in Italia

(Tommaso Ciriaco – repubblica.it) – New York — I due dati indiscutibili da cui partire: Giorgia Meloni diserterà questa sera il ricevimento organizzato da Joe Biden, con Volodymyr Zelensky ospite d’onore. E sarà già a Roma quando, il 25 settembre, il presidente americano riunirà a New York i principali Paesi occidentali — quelli del G7 e del gruppo Compact — per blindare l’Ucraina con nuovo sostegno militare. La premier parteciperà, forse, in videoconferenza. Come nasca questa rumorosa assenza della Presidente di turno del G7 è storia dei giorni convulsi che hanno proceduto l’Assemblea generale. Una scelta consapevole, tenuta però nascosta per giorni tra le pieghe di un’agenda stravolta. Tutto, pur di evitare la presenza di Meloni. La ragione? Preoccupazioni legate al consenso, imposte dal posizionamento filorusso di Matteo Salvini, si fondono ad alcuni dilemmi internazionali, che possono tradursi con un solo nome: Donald Trump, il più freddo verso Kiev. Quella che segue è la ricostruzione di un potenziale pasticcio politico e diplomatico.

Al primo indizio badano in pochi: Meloni atterra a New York poco prima della mezzanotte di sabato 21 settembre, poi apparentemente scompare. Si vedono solo i membri della delegazione, suddivisi in tre alberghi di lusso. La premier dorme al Peninsula e trascorre tutto il giorno successivo nella struttura (anche se, dovere di cronaca, nessuno può giurare che non abbia sfruttato una delle uscite sicure e riservate a disposizione dell’hotel). Il 22 riceve solo i tre ceo di Google, Open AI e Motorola: un’ora e mezza in tutto. Perché arrivare così in anticipo a Manhattan, allora, se l’agenda dei primi due giorni è tanto scarna? È un dato decisivo, su cui torneremo tra poco.

Siamo a ieri. La premier lascia l’hotel dopo 36 ore. Parla una prima volta all’Onu, poi in serata va a ricevere il premier dell’Atlantic Council da Musk. Oggi, infine, l’intervento nell’assemblea generale previsto attorno alle 19 di New York, notte fonda in Italia. In quel momento, i leader del mondo si uniranno a Biden per il ricevimento con Zelensky. Che Meloni salti l’appuntamento con il Presidente Usa non è una novità. Già l’anno scorso preferì una pizza con la famiglia e lo staff al Presidente americano. Fonti di Palazzo Chigi narrano da tempo dell’allergia della premier per il protocollo dell’evento, in effetti molto rigido: spesso i leader devono attendere due ore sul tappeto rosso prima di stringere la mano a Potus. Stavolta, però, succede qualcosa di diverso. E riguarda l’agenda ballerina della premier.

In un primo momento, l’intervento di Meloni all’Onu è infatti “schedulato” per il 27 settembre. Poi cambia. Niente di strano, ai leader è concesso. Nella prima decade di settembre Palazzo Chigi, come confermano fonti di governo e diplomatiche, si orientano su una data: il 25 settembre. Sarebbe perfetto: nessuna sovrapposizione con il ricevimento del Presidente Usa, a cui potrebbe partecipare. Poi, qualche giorno dopo, altra novità. E il governo informa che il discorso è anticipato al 24. Niente Biden, dunque, e niente foto.

Ancora non è ufficiale, ma in quelle ore Washington ha iniziato a pianificare anche la riunione sull’Ucraina: la data del 25 settembre viene confermata alle Cancellerie del G7 tra il 19 e il 20. A quel punto — e siamo alla vigilia della missione — la premier ha due strade: cambiare nuovamente programma (allungando di mezza giornata la permanenza, oppure posticipando di un giorno partenza e ritorno in Italia), o invece ignorare l’evento. Sceglie la seconda. E nessuno, ai massimi livelli dell’esecutivo, riesce a spiegare perché salti l’appuntamento più rilevante della settimana Onu. Qualcuno ipotizza ragioni personali, ma quando vengono interpellate fonti italiane la spiegazione fornita è questa: il rientro era ormai stabilito per il 24, Meloni parteciperà da remoto (o un ministro, se cambierà il formato della riunione).

Scavando, però, emerge anche altro. L’Italia si concentra da tempo sul capitolo “civile” e non militare: Antonio Tajani ha promesso ieri aiuto sull’energia dopo un G7 con Antony Blinken e il suo omologo ucraino. E però, gli Stati Uniti, pressati da britannici, scandinavi e francesi potrebbe ridurre nei prossimi giorni i limiti all’utilizzo di armi in territorio russo. C’è grande attesa per il vertice di Biden con Zelensky alla Casa Bianca, il 26. Meloni è l’unica dei big occidentali ad aver sostenuto una linea drasticamente ostile a questa opzione. Farlo in presenza, a New York, avrebbe generato imbarazzi. Senza dimenticare l’opposizione di Salvini. Il timore di perdere consenso. E l’investimento politico della premier su Elon Musk, il miglior alleato di Donald Trump. Un millimetro alla volta, ma sempre meno vicini a Kiev.


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