Rettori condannati per diplomi senza valore, avvocati sospesi, docenti di area no vax: ecco chi c’è dietro il business che richiama migliaia di studenti italiani

(di Corrado Zunino – repubblica.it) – ROMA – La Svizzera è l’hub preferito degli imprenditori italiani che vogliono allestire università private aperte al mercato nazionale, ma fin qui non sono riusciti ad ottenere l’autorizzazione necessaria a erogare sapere e formazione da parte del ministero dell’Università e della Ricerca.
Il Mur, abbiamo visto, ha girato alle procure competenti undici casi di atenei esercitanti sul nostro territorio senza carte in regole, undici ricostruiti nel 2024. A questi ora si aggiunge, per partire, Unicampus Hetg, azienda con tre soci italiani da noi residenti – a Manduria in provincia di Taranto, a Roma e a Borgo a Mozzano nella Lucchesia – e uno domiciliato a Lugano. La sede di Unicampus Hetg è a Ginevra, questo dal settembre 2023, ed è stata insediata in uno studio legale svizzero diretto da avvocati italiani.
Nella città della Svizzera francese, la società di formazione universitaria – iscritta al registro di commercio cantonale con 20.000 euro di capitale sociale – non possiede alcuna struttura, né uffici, né dipendenti. La segreteria operativa della società a responsabilità limitata si trova a Manduria, nella provincia di Taranto appunto, dove vive e risiede il segretario Giuseppe Dimitri, 43 anni, lui laureato a Lugano. A Manduria vive anche il presidente, e pro rettore, professor Nicola Muscogiuri, ideatore della struttura, già vicesindaco in quota Forza Manduria, vicino alla Lega di Salvini, commissario dell’associazione Noi Centro. In qualità di avvocato, nel 2014 Muscogiuri si è sospeso dal Foro di Milano.
Manduria centro del mondo
E’ interessante notare come Manduria, trentamila residenti, sia diventata la capitale dei centri studi del Paese, quelli necessari per far recuperare studenti svogliati e garantire crediti universitari. Sono addirittura sei le strutture parauniversitarie legate a e-Campus, la società presieduta da Francesco Polidori, 76 anni, l’inventore del Cepu e di tutte le deviazioni del sistema italiano di formazione privata.
Le sessioni di laurea di Unicampus Hetg si svolgono a Roma, nella sede dell’Associazione maestri cattolici, storica istituzione magistrale che, questa sì, è accreditata dal ministero dell’Istruzione e del Merito per i suoi corsi informatici. E’ un appoggio necessario per una società senza permessi in Italia. Tutti i docenti e il management della Unicampus di Ginevra sono cittadini italiani residenti in Italia, eccetto un professore greco, presente nel Senato accademico. “Nessuno ha un permesso di soggiorno e di lavoro in Svizzera”.
Le denunce contro Hetg di Ginevra
Sulla questione del fregiarsi del suffisso “Uni”, vi sono state due denunce, presentate entrambe dalla concorrenza: al ministero dell’Università e della Ricerca di Viale Trastevere e all’Autorità per la ricerca e l’innovazione elvetica. Si legge nell’esposto: “A tutti gli effetti, la società Unicampus Hetg rientra fra gli istituti che operano sul territorio italiano senza essere riconosciuto e senza alcuna autorizzazione. Peraltro, non è accreditato neppure in Svizzera e usa l’acronimo ‘uni’ violando la legge federale”.
Per ora, agli esposti (un terzo è stato inviato alla Procura di Lugano, il 5 aprile scorso) ha risposto la Segreteria di Stato svizzera per la formazione, la ricerca e l’innovazione (Sefri): “Abbiamo informato, di conseguenza, le autorità cantonali responsabili”, ha fatto sapere.
Dice di sé l’università Hetg: “La nostra missione è chiara: abbattere le barriere dell’istruzione tradizionale, offrendo a imprenditori e leader la possibilità di realizzare sogni accademici rimasti in sospeso. Telematica, ma profondamente radicata nella prestigiosa eredità accademica svizzera, Hetg rappresenta il futuro dell’educazione senza confini”. Il suo rettore è Antonino Galloni, 71 anni, un lungo curriculum pubblico e accademico nel nostro Paese, nelle ultime stagioni autore di libri di contro-economia: “Come è stata svenduta l’Italia”, edizioni Byoblu, casa editrice e tv di matrice no vax. Poi, “Misteri dell’euro, misfatti dell’Italia” ed “Eurocidio”.
L’eldorado accademico di Zugo
La responsabile dell’Unità politica scuola e università svizzera ha recepito, e chiesto approfondimenti, sull’uso del suffisso “uni” (che richiama, in maniera ingannante, la parola università) per altre tre realtà nazionali. Sono Unitelematica Leonardo da Vinci, Isfoa e Link Campus, tutte e tre insediate a Zugo, trentamila abitanti sull’omonimo lago non lontano da Lucerna. Zugo, e il suo cantone, stanno diventando un eldorado delle università private svizzere aperte, online, agli studenti italiani.
Le decisioni del Garante sul rettore Masullo
La “da Vinci” sul sito scrive, vivaddio, che non ha ancora ottenuto il riconoscimento per l’accreditamento presso l’autorità federale (Sefri) e quindi tutti i titoli rilasciati “hanno una validità in ambito privato, professionale e concorsuale, ma non per il prosieguo di studi presso altre università o esami di Stato per professioni regolamentate”. La società non ha aperto un conto corrente in Svizzera, si appoggia alla Wise, allocata in Belgio.
Il rettore dell’Isfoa di Zugo è, invece, Stefano Masullo, 60 anni, nell’agosto 2006 condannato dal Garante per la trasparenza e il mercato, l’authority italiana, “per aver prodotto messaggi idonei a ingenerare nei consumatori il convincimento che Isfoa sia un’università – la Libera e privata Università di Diritto internazionale – riconosciuta in Italia e autorizzata a rilasciare titoli aventi valore legale nell’ordinamento nazionale”. Pubblicità ingannevole, ecco.
Masullo e Isfoa sono campioni nel produrre, “per taluni soggetti”, lauree honoris causa. L’Isfoa, sanzionata, aveva ottenuto due accreditamenti: dalla Repubblica di San Marino e dalla Repubblica del Belize. Lo stesso fondatore, quando deve affidare le controversie personali, si rivolge al preside della sua Facoltà di Giurisprudenza, l’avvocato Maurizio Branchicella, lui 54 anni, Priore d’Italia del Gran Priorato della Santissima Trinità di Villadieu.
Con un’associazione pochi controlli
Operare realmente in Svizzera con una società di capitali costa (almeno 100.000 franchi). Occorre un permesso di soggiorno e uno di lavoro, bisogna affittare un ufficio, iscriversi alla previdenza, poi compilare la dichiarazione dei redditi societaria e individuale, pagare l’assicurazione per la malattia, obbligatoria. Costituire un’associazione in Svizzera è decisamente più semplice e non richiede alcun capitale. Diverse università private o centri studi, con sede nella federazione ma rivolte a un pubblico italiano, sono scatole vuote: non operano davvero oltrefrontiera.
Il servizio della Rsi
La Radiotelevisione svizzera per l’Italia lo scorso maggio ha realizzato questo servizio: “In Svizzera impazzano le pseudo-università telematiche”. E ha illustrato nascita ed esistenza dell’Università di Novazzano, dell’Ateneo privato di Locarno all’interno del Palazzo della Posta, dell’Accademia di Chiasso con quattro facoltà e cinquanta docenti. E poi, ecco che torna, le sette università di Zugo. Nel piccolo comune sono arrivate di recente l’Ateneo Alessandro Volta, la Supdi, e, ancora, la Fachhochschule Nikola Tesla.
Il servizio racconta: “Da questi atenei svizzeri escono ogni anno migliaia di laureati e ottengono diplomi praticamente in ogni materia: dalla Giurisprudenza alla Medicina, dalle Scienze politiche all’Economia, dall’Astronomia alla Fisioterapia. Il tutto a norma di legge”. In Svizzera ogni libero cittadino, infatti, può mettere in piedi un istituto di formazione e conferire qualsiasi tipo di diploma. Solo chi è ufficialmente accreditato, però, può denominarsi università, scuola universitaria professionale o scuola pedagogica. Nessun problema, e nessun accredito necessario, se ci si definisce ateneo, campus, accademia. Con queste caratteristiche nominali si possono emettere attestati come la laurea, il bachelor, il master, il dottorato.
L’affollamento nel Canton Ticino
Il Canton Ticino, 350,000 abitanti, nel 2005 ospitava dieci pseudo-università, più due riconosciute. Dopo alcuni interventi della magistratura, che fece emergere le triangolazioni con imprenditori italiani e atenei dell’Est Europa, l’amministrazione cantonale ha deciso di ampliare il catalogo dei termini protetti, sia per quanto riguarda la denominazione degli istituti che per i titoli conferiti. Diverse realtà, così, si sono trasferite a Ginevra e, soprattutto, a Zugo, oggi capitale del sapere comprato.
Crediti formativi lavorando
Nella cittadina in riva al lago, spesso, non si trovano né aule, né uffici, ma solo buche per le lettere per ricevere iscrizioni e offrire lezioni online. Peraltro, sfruttando una procedura nata in Francia e chiamata Vae, “Validation des acquis d’expérience”, gli atenei dell’ultima ora permettono allo studente di tramutare l’esperienza professionale in crediti formativi. Se una determinata competenza è stata acquisita lavorando, e non studiando, poco importa: allo studente saranno comunque abbonati corsi ed esami che riguardano la materia.
Nasce da questa liberalità, superiore in Svizzera rispetto all’Italia, la migrazione di imprenditori connazionali verso i cantoni: salgono per aprire realtà virtuali e cercare di attrarre studenti, “quasi tutti italiani”, alle dispense digitali. Dice ancora l’inchiesta giornalistica: “Le pseudo-università di Zugo applicano la Vae in maniera estremamente generosa e i corsi e gli esami richiesti agli studenti possono essere catalogati nella categoria delle formalità”. Curriculum inventati e inviati dalla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana sono stati accettati e ai candidati inesistenti gli atenei di Zugo hanno proposto percorsi formativi estremamente semplificati.
I percorsi facilitati per gli studenti
Isfoa ha chiesto a un redattore del Teletext cinque esami e la tesi per una laurea in Scienze politiche. Unitelematica Da Vinci ha proposto a un cuoco sette esami e la tesi in Scienze turistiche. La Supdi sei esami e la tesi per una laurea in Scienze aziendali a un’organizzatrice di matrimoni. “La Unisu-Campus si è mostrata ancora più spudorata: a un venditore ha proposto una laurea in economia aziendale senza dover seguire corsi né sostenere esami. Nel pacchetto è stata inclusa addirittura la tesi, scritta dall’istituto a nome dello studente”.
Queste parauniversità, abbiamo visto, non sono accreditate in Svizzera e non sono presenti sull’elenco di quelle contemplate dall’accordo bilaterale con l’Italia sul reciproco riconoscimento dei titoli. I diplomi consegnati, quindi, hanno un valore soltanto professionale, a discrezione dell’azienda o della pubblica amministrazione che intende dar loro un valore.
Il titolo carta straccia
Per molti ex studenti, ottenuto il diploma di laurea, sono arrivati i problemi. Gennaro Ferrentino, laureato in Scienze economiche con la Univolta di Zugo, si è accorto che nessun’altra università riconosceva il titolo per proseguire gli studi. Era stato dirottato in Svizzera da Cepu. Un altro ex studente toscano, diplomato in Scienze della nutrizione con la Unitelematica Leonardo Da Vinci, è finito sotto inchiesta per abuso della professione di nutrizionista. Tra gli indagati, anche il rettore dell’ateneo zughese, il Magnifico Torello Lotti. Secondo i Nas italiani, l’Università popolare Scienze della salute e nutrizionale del cuoco Simone Falcini e l’Unitelematica Leonardo da Vinci, registrate in Svizzera, avevano sede reale a Montespertoli, nella città metropolitana di Firenze, e avrebbero rilasciato diplomi e lauree non riconosciute dal ministero dell’Istruzione italiano.
Anche qui, e risaliamo alla sede di Zugo, il Senato accademico è composto da otto italiani che si sono formati in Italia. La Svizzera è un hub, una location dove avviare un’amministrazione, magari fittizia. Gli interessi economici e il mercato degli studenti sono da noi.
Ramificazioni Jean Monnet a Locarno
L’Istituto Jean Monnet, messo sotto indagine dal ministero italiano dell’Università e della Ricerca dopo un’inchiesta di Repubblica, aveva una sede a Locarno: qui conferiva lauree in Medicina e Chirurgia. Già redarguita dal Dipartimento cantonale dell’Educazione, della Cultura e dello Sport due anni fa, per abuso di termini protetti, a Chiasso sta rinascendo la Libera Università di studi Svizzera, il cui indirizzo è sconosciuto, solo affidato a una casella postale. All’origine del progetto un imprenditore pugliese che prima di riaffacciarsi oltre dogana è stato condannato in Italia perché conferiva diplomi falsi.
Nel 2016 la pretura di Mendrisio Sud dichiarò il fallimento dell’Ipus, l’Istituto di Alta formazione di Chiasso, già accusato di abuso di titoli universitari: gli allievi, per salvare il salvabile, furono immatricolati in un’università albanese convenzionata. Il direttore generale era l’italiano Vincenzo Amore, il fallimento era stato chiesto dall’ex rettore Federico Nizzola, altro italiano: vantava 30.000 euro di stipendi non corrisposti.
Il principe rettore di Lugano
Nel 2019 si affacciò sulla scena l’improbabile Libera Università di Lugano, di cui magnifico rettore, “nel senso che reggo”, era il professor Maria Giuseppe Giuliano di Sant’Andrea, principe, marchese, conte e barone che si lanciò in politica con Emanuele Filiberto di Savoia.
L’impero dell’‘avvocato’ Silvestri
Il grande accusatore di questo sistema è un avvocato italiano residente in Svizzera di cui, ora, si mette in discussione il titolo legale e pure tutto il resto. Sono partite da Massimo Silvestri le denunce nei confronti di Unicampus Hetg, ma lui stesso ha dovuto difendersi in pretura per l’uso abusivo del titolo di università. La Issea di Agno, nel Canton Ticino, con succursale a Roveredo nel Canton Grigioni, è una delle tre società per le quali il procuratore pubblico Andrea Maria Balerna propose la condanna a una multa. “I miei nemici vogliono procurare danni irreversibili all’attività che dal 1987 svolgo in Ticino con professionalità, qualità e correttezza”, replica Silvestri, salito in Svizzera da Milano.
Il pioniere dello studio privato nei Cantoni ha nel portafogli una quantità di marchi stordenti: UniSupdi è il primo ateneo a distanza svizzero, cresciuto appunto nel Ticino e con una succursale a San Marino. Con Issea, Silvestri vende lauree anche a Malta. Poi, nella sua disponibilità ci sono nomi che abbiamo già incontrato: Univolta Università telematica privata Alessandro Volta, che usa lo stesso indirizzo e casella postale a Zugo di altre pseudo-università. Tra queste, Atena Unitelematica scuola universitaria, quindi Fachhochschule Nikola Tesla, Unitelematica Ginevra Institut D’études Académiques Hepg e LinkCamPus.
“I marchi che controllo sono Issea, Unisupdi, Univolta e Tesla, degli altri non so. Servono a saturare il mercato in adozione dai furbetti del quartierino”, dice Silvestri, “sono gli italiani residenti in Italia che con le loro cassette postali si spacciano falsamente come università svizzere. Tutte sono già sotto inchiesta del Mur e tutte violano la legge federale usando il nome ‘uni’ senza essere accreditate. La sostanza è che la nostra attività è riconosciuta nell’ordinamento giuridico svizzero, i furbetti italiani invece violano la legge”. Ancora: “Io ho esercitato per dieci anni la professione di avvocato a Milano, nel Canton Ticino ho smesso, ma non c’è motivo di abbandonare il titolo. Delle varie cause subite, ho solo pagato una multa per l’esperienza universitaria nel mio Cantone. Non tutte le università devono avere accreditamento, l’Unione europea da questo punto di vista è chiara”.
In verità, anche l’accusatore gioca sul filo delle regole fragili che la Svizzera offre in tema di università private e telematiche. Peraltro, in Italia il ministero di Anna Maria Bernini ha già spiegato di non avere poteri sanzionatori rinviando ogni iniziativa alle singole procure.