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La carica dei 330

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(Giuseppe Di Maio) – La democrazia è un sogno elitario, e quella rappresentativa è un’ideazione regressiva, cioè la riduzione di una società complessa a esiguo agglomerato tribale. Molti sono stati gli espedienti per realizzare la volontà generale, in cui il demos (cioè tutti) potesse parlare con una voce sola. Tra i vari espedienti è stato preso in considerazione il sorteggio di alcuni in rappresentanza di “tutti”. Molti lettori sono già turbati all’idea di sorteggiare i propri rappresentanti, eppure se considerano che gli odierni parlamenti non sono una fotografia dell’intera società, ma solo degli interessi di una ristretta minoranza che domina quelli degli altri, proprio attraverso il sorteggio si garantirebbe meglio l’uguaglianza tra i ceti.

Il problema maggiore del M5S è stato quello di selezionare una classe dirigente. Il sistema dei Meetup era grezzo, ma democratico; Rousseau e le sue ambizioni furono un passaggio pernicioso che affidò il futuro del Movimento alla “simpaticocrazia”, cosa che è in parte continuata con il sistema misto attuale di nominati dalla rete e designati dai vertici. Abbiamo già dovuto verificare, e con nostro duolo, che “i simpatici” una volta raggiunta l’agognata elezione senza un vero mandato della base, spesso sono passati al nemico. Anche se, a parte il “recall”, nessuno dei sistemi finora provati ha potuto assicurare fedeltà alla missione di portavoce. Perciò sorteggiare i rappresentanti può essere il sistema meno dannoso, ma non nella fase costituenda. Non nella fase in cui le linee guida della politica bisogna crearle, non contribuire solo a realizzarle.

Tutta la faccenda puzza del solito imbroglio (e Grillo nelle sue fastidiose domande questa contraddizione l’ha colta), cioè far finta di escutere un popolo di plastica, non totalmente libero e scarsamente rappresentante delle vere intenzioni della base. Se il caso deve selezionare gente iscritta al Movimento senza alcuna discussione nei GT, vuol dire che il caso è padrone del futuro dei 5 stelle. I gruppi di studio da occupazione scolastica anni ‘60/’70 sono incapaci di darsi un presidente, hanno invece un oscuro moderatore (in rappresentanza perciò degli attuali vertici) che indirizzerà la discussione e veglierà sulle sue derive. Questi sarà l’unico esperto dei trucchi democratici e l’unico consapevole degli esiti della discussione, avendo così buon gioco tra ignari e neofiti. Sarà come aver messo il giudice a presiedere la camera di consiglio della giuria.

Non voglio anticipare nulla, anche se so già quale saranno gli esiti più vistosi dell’assemblea costituente; e in parte mi stanno anche bene. Per l’antico amore che porto verso la democrazia voglio ancora sperare nei prodigi, ho però l’impressione che siamo partiti col piede sbagliato.


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