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Un anno di terrore in Palestina e dintorni

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(Dott. Paolo Caruso) – È trascorso un anno da quel 7 ottobre 2023.
Erano le sei antimeridiane di una giornata come tante altre in cui terrore e bisogno di normalità si affrontano in queste Terre assetate di pace. Un folto gruppo di giovani dopo una notte trascorsa tra musica e balli viene assalito da uomini di Hamas e con la forza portati via in territorio palestinese. Il mondo restò basito alla notizia dell’attacco di Hamàs ad Israele, proditorio quanto imprevisto. Era imprevedibile? È il dubbio che da un anno angoscia insieme alla notizia degli oltre mille morti, e le centinaia di ostaggi. Sorprende semmai come “l’Intelligence” di Israele non sia risultata eccelsa per efficienza. Come mai non ci fu alcun sentore, permettendo agli aggressori di agire con tanta ferocia. La risposta di Israele, ed era facilmente prevedibile, non si fece attendere e fu pari se non più aggressiva dell’offesa, se non fosse cinismo parlare delle vittime in termini aritmetiche di cifre. Le scene distruttive si concentrarono su Gaza, città e bersaglio delle azioni militari israeliane, perché fortino di Hamàs con i quaranta chilometri di tunnel e cunicoli, scavati anche con le unghia, per nascondere i terroristi e da quel fatale giorno anche gli ostaggi israeliani. Netanyahu non sente a tutt’oggi ragioni e conta nella volontà, che spera condivisa dagli altri Stati, di sradicare il terrorismo antisemita. In tante città la violenza si è tramutata in odio razziale, e trova sponda nel cosiddetto “Partito di Dio” (Hezbollah) nel Libano telecomandato dall’Iran, l’altro “stato canaglia”, degli ayatollah. Ad un mondo che sembra sempre più affamato di guerra e di violenza si contrappongono le tante manifestazioni di pace anche in Terra di Israele e la voce di Papa Francesco risuona imperiosa ai Caini di turno. Netanyahu, forte anche dell’alleato a Stelle e a Strisce, e curatore degli interessi occidentali in medioriente, continua imperterrito il genocidio palestinese. Mentre l’Europa è assente, non in grado di portare avanti un qualsiasi negoziato di pace, ricercare in questo momento il dialogo per la soluzione più attesa, un futuro di due Stati, risulta oltremodo improbabile.


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