Lo scrittore invitato dal Pen Berlin interviene alla Buchmesse nonostante l’esclusione. Baricco: «Non ci prenderete mai»

(Vincenzo Latronico – lastampa.it) – Lo stand alla fiera del libro di Francoforte del Pen Berlin – sezione locale dell’associazione internazionale per la difesa della libertà d’espressione – era già pieno un’ora prima dell’inizio dell’intervento di Roberto Saviano, ieri alle 15, intitolato Alle democrazie servono eroi?. Saviano, forse lo scrittore italiano più noto al mondo dopo Elena Ferrante, non era lì nella delegazione ufficiale dell’Italia, paese ospite d’onore alla fiera di quest’anno: perché non è stato invitato. Come già riportato su queste pagine, la sua esclusione ha fatto nascere una lettera di protesta di oltre quaranta scrittori e scrittrici invitati nella delegazione; e quel gruppo (di cui faccio parte), in collaborazione appunto con Pen Berlin, ha organizzato una programmazione parallela di eventi dedicati a tutti i temi tanto cruciali per capire il mondo di oggi quanto ignorati dal programma ufficiale: l’ascesa delle nuove destre, la censura, la crisi migratoria internazionale.
«La situazione in Italia è bella compromessa», ha esordito Saviano dopo una domanda sulla tenuta della democrazia in Italia. «Siamo dentro una “democratura”. La cornice ancora in qualche modo esiste. Ancora non veniamo presi la notte dalla polizia. Ma la presidente del Consiglio ha sempre dichiarato, che Viktor Orbán è un suo riferimento. E si sta andando in quella direzione». Può sembrare sproporzionato parlare di autocrazia a partire da un evento apparentemente minimo come un mancato invito. Ma quella questione non era semplicemente personale. Aveva – nell’opinione sua e dei firmatari dell’appello – un senso generale di avvertimento: «L’hanno proclamata orgogliosamente. Il messaggio era: adesso con noi al governo ci liberiamo delle figure scomode. Selezionano dei bersagli per educare tutti gli altri, perché un certo tipo di critica disturba».
Lo ha ricordato anche Alessandro Baricco, nel suo intervento nel padiglione italiano: «La letteratura non si tocca mai. Qualsiasi tentativo di emarginare o perseguitare non deve passare. Non ci prenderete mai. Il potere politico ha sempre l’istinto di controllare, di orientare» la comunità intellettuale di scrittrici e scrittori.

E Saviano non è l’unico esempio: un discorso di Antonio Scurati è stato notoriamente censurato dalla Rai, dopo un episodio simile capitato a Donatella Di Pietrantonio; Christian Raimo, romanziere e insegnante, si è visto oggetto di un procedimento disciplinare in base a un regolamento ministeriale che un tribunale amministrativo ha bocciato perché tanto vago da rendere possibili abusi. Sembrano casi singoli, isolati: sono esempi di qualcosa di più vasto?
Questa domanda è stata al centro di gran parte delle iniziative parallele organizzate alla Buchmesse con il Pen Berlin. È una domanda che – ricordava nel suo intervento Donatella Di Pietrantonio – si pone spesso persino chi ne è oggetto: è davvero censura? Siamo davvero in una situazione in cui la libertà di parola è a rischio? Sembrano concetti colossali, parole gravissime: ma, come scriveva Michela Murgia, il fascismo non arriva bussando e proclamando il proprio nome, ma sottilmente, di nascosto. «Stanno riuscendo a vincere», ha spiegato Saviano, «proprio grazie a questo dubbio che hanno instillato, compromettendo la possibilità di capire e di creare solidarietà. C’è sempre questo sentimento di paura. L’hanno fatto verso tutti, l’hanno fatto anche verso di me chiaramente: alimentare il sospetto». Questo dipende in larga misura pure dalla vulnerabilità economica di scrittrici e scrittori, che si trovano quindi maggiormente esposti alle imposizioni del governo: «Se ci fossero i soldi dentro il mondo editoriale ci sarebbero più autonomia e libertà. Siamo fragilissimi. Sono tutti spaventati di prendere una posizione forte contro il governo. In questo senso ho visto con speranza le uscite di Marina Berlusconi».
Eppure se c’è qualcosa che questa Buchmesse dimostra è che la solidarietà, almeno, resiste. L’evento con Saviano – ospitato nel piccolo spazio del Pen, perché nell’enorme padiglione italiano era persona non grata – ha attratto tanto pubblico, alla fine, da costringere alla chiusura di una corsia intera del padiglione. La domanda sulla tenuta della libertà di parola in Italia rimbalza in questi giorni nei media di tutto il mondo. È una domanda che il lavoro intellettuale di Saviano pone ininterrottamente da quando la sua esposizione nella lotta alla camorra lo ha costretto a vivere sotto protezione; come ha ricordato la storica e giornalista Birgit Schönau nella conversazione con lui, è una domanda che «poni costantemente quando stai in televisione». Saviano l’ha interrotta: «Stavo».