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Meloni si rafforza col consenso di chi non vuole sapere

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(di Giovanni Valentini – ilfattoquotidiano.it) – Non sono solita soffermami sui sondaggi, ma constatare che, a due anni dalla nascita del nostro governo, la fiducia degli italiani nella coalizione di centrodestra non solo rimane solida ma continua a crescere, è per noi un grande motivo di orgoglio (da un post di Giorgia Meloni su X – 8 ottobre 2024)

Come si spiega il paradosso per cui peggio vanno le cose nel Paese reale e più cresce nei sondaggi il consenso per Giorgia Meloni e per il suo governo? È un fenomeno politico e mediatico che, al di là dell’attendibilità statistica, merita di essere analizzato con il distacco critico dell’obiettività. A parte le grandi menzogne propagandistiche sulla sanità e sulle banche, prendiamo tre esempi concreti. E cominciamo dalle accise sui carburanti: in campagna elettorale, Meloni s’era scagliata contro questi balzelli, interpretando anche un video delirante in cui ne reclamava l’abolizione. Ora non solo il suo governo non toglie le accise, ma anzi aumenta (“gradualmente”) quelle sul gasolio che colpiscono in modo indiscriminato chi usa il diesel per lavoro e chi il Suv per motivi personali. Ma è sufficiente non parlare più di “aumento” bensì di “allineamento” delle accise sul gasolio (61,7 centesimi al litro) a quelle sulla benzina (72,8 centesimi) e così l’illusionismo è servito. Vale all’incirca 1 miliardo di euro in più di entrate per lo Stato (Sole 24 Ore).

Altri due esempi. Il governo vanta grandi successi in campo economico, ma la produzione industriale è in calo da 19 mesi consecutivi (dati Istat). E questo non contribuisce certo a fare crescere la ricchezza e il benessere nazionali: tant’è che l’aumento del Pil è inferiore all’1%. Ultimo esempio, l’immigrazione. L’esodo biblico continua quotidianamente, sebbene in misura ridotta: 54.129 persone sono sbarcate sulle nostre coste dal 1° gennaio al 15 ottobre di quest’anno (ministero dell’Interno), senza contare quelle arrivate dalla “rotta balcanica”. Eppure, come ha rilevato in tv Peter Gomez, è scattato un black-out generale, quasi che l’emergenza fosse cessata e il problema risolto con il bluff sulla “deportazione” dei migranti in Albania. Ora è indubbio che Giorgia Meloni abbia una notevole capacità comunicativa, oltre a una carica di energia e di vitalità. Ma, da capo del governo in carica, lei fa – per così dire – l’opposizione all’opposizione: nel senso che gioca sempre all’attacco, esercitando il suo vittimismo nei confronti di “quelli che ci stavano prima”, come se negli ultimi trent’anni il centrodestra (lei compresa) non fosse stato quattro volte al governo. E così si diffonde una strategia di persuasione occulta che altera i dati di fatto e mistifica la realtà.

A suo favore c’è un poderoso apparato mediatico, una “infosfera” come direbbe il neoministro della Cultura, che divulga e amplifica i risultati dell’azione di governo. Occultando o ridimensionando gli aspetti negativi ed esaltando quelli positivi. Sovraesponendo le apparizioni della premier o, magari, “tagliando” le immagini quando interviene nell’aula semivuota all’Onu e le staccano il microfono perché ha “sforato” i tempi.

Questo nuovo Minculpop è formato dalle reti televisive pubbliche che, sotto l’occupazione politica dei vertici Rai, riflettono un orientamento filo-governativo; dalle reti Mediaset che fanno capo al partito-azienda di Forza Italia; e da una dozzina fra giornaloni e giornalini che intonano il coro, alcuni dei quali non arrivano neppure in edicola ma figurano come comparse nelle rassegne stampa della tv di regime. È fatale, allora, che intorno al governo si aggreghi un consenso “inconsapevole”, cioè ideologizzato e acritico, di quella parte dell’opinione pubblica che non sa o non vuol sapere. E preferisce rimuovere la verità.


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