
(Tommaso Merlo) – Netanyahu ha ricevuto un assaggino di quello che vuol dire venire bombardati a casa propria. In quel di Cesarea Marittima, verdeggiante cittadina romana fondata da Erode il Grande, il celebre artefice della strage degli innocenti. Ci sono ancora i resti della sua villa sugli scogli e un ippodromo affacciato sul mare. Poi lo sbarco dei cristiani, poi quello degli arabi, poi quello dei sionisti. Da un Erode all’altro, da una strage all’altra di colpevoli ma soprattutto di innocenti. Fino a quella che Netanyahu il Piccolo sta perpetrando a Gaza da ormai un anno, davanti agli occhi impotenti del mondo intero. Pare si sia incaponito sul nord della striscia dove ormai bombarda macerie farcite di spoglie. Pare voglia fare spazio per basi ed insediamenti e cacciare quegli animali dei palestinesi sopravvissuti verso sud. Come se avesse bisogno di qualcosa di concreto per dire di aver vinto una guerra che ha perso. Non ha ancora capito che se i Palestinesi non si sono arresi in oltre settant’anni di persecuzione, non si arrenderanno mai. Non ha ancora capito che le stragi non servono a nulla se non a consegnarlo ai posteri come un disgustoso Erode tra i tanti. I media censurano e spargono fake news sull’affronto di Cesarea, non vogliono che si sappia che Israele è militarmente vulnerabile come non mai. Le nuove tecnologie hanno ridotto il gap tra ricchi e poveri e consentono di ammazzare altri esseri umani a chilometri di distanza seduti davanti ad un computer. Follia artificiale con aggeggi mortali che possono colpire ovunque. Aerei da modellismo che rendono il tutto ancora più infantile. Fermare quegli aggeggi è dura ma l’industria della morte ci sta lavorando aggiornando il videogioco in modo da passare lo schema. Lo hanno ribadito al G7 Difesa a Napoli. Con G che starebbe per grandi nonostante siamo dei chihuahua rispetto a Cina, Russia, India e tanti altri brics che si stanno accodando alla nuova comitiva planetaria. Ma anche la parola Difesa è una bufala, sono decenni che noi occidentali scateniamo guerre a vanvera senza che mai nessuno ci abbia minacciato. Panzane incendiarie come quella della sicurezza, dopo decenni di guerre inutili in molti cominciano a capire che siamo noi occidentali il vero pericolo del mondo e in mano a queste classi dirigenti non c’è da stare affatto tranquilli. Non imparano nulla dai loro errori al punto che ci stanno trascinando verso un conflitto potenzialmente nucleare. Il summit partenopeo si è concluso con il tradizionale silenzio tombale su Gaza, sorridenti foto di gruppo ma anche tre direttive illuminanti. Aumentare e accelerare la produzione di armamenti in nome della pace e non certo del profitto. Continuare a fornire armamenti all’Ucraina in modo che non sopravviva nessuno. E dulcis in fundo allargare la Nato verso sud visto le legnate prese ad est. Di questo passo a scuola si studierà il cinese invece che l’inglese, si vedranno i film su Mao Zedong invece che JFK e si mangeranno involtini primavera invece che hamburger di plastica. Questo sempre che prima non scoppi un conflitto nucleare che ci riporti tutti nelle caverne a mangiare le formiche superstiti. Servirebbe una svolta epocale verso una politica di pace invece che di guerra. In modo che a quei summit arrivino cittadini liberi di gridare basta a tutte quelle infantili fregnacce guerrafondaie. Cittadini che della guerra vedano i costi umani invece che i profitti economici e ne comprendano la folle natura autodistruttiva. Cittadini sensibili alle strade piene di sofferenza e alle terre sommerse dall’acqua e che invece di sottrarre risorse pubbliche al sociale e all’ambiente boicottino l’industria della morte. Cittadini capaci di sbarazzarsi delle paure e ritrovare fiducia negli altri esseri umani in modo da costruire insieme il futuro. Costruendo invece di distruggendo, unendo invece di dividendo, cooperando alla pari invece che dominando. Cittadini che capiscono come la pace sia un obiettivo realistico impedito da conformismo politico, interessi lobbistici e scarsa consapevolezza. Cittadini consci che le radici della pace sono dentro di noi e sbocciano con la nostra evoluzione personale. Dando vita ad una nuova primavera sociale in grado di far fiorire una salvifica politica di pace.