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Giuli e la deriva “sinistrorsa” (quando parla)

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La prima novità è che destra televisiva e giornali al seguito hanno acceso un faro su Alessandro Giuli. Davvero poco amichevole a giudicare dall’articolo al fiele che Mario Giordano […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – La prima novità è che destra televisiva e giornali al seguito hanno acceso un faro su Alessandro Giuli. Davvero poco amichevole a giudicare dall’articolo al fiele che Mario Giordano (beniamino di Rete4 con Fuori dal coro) ha dedicato al neoministro della Cultura (nonché dell’infosfera globale) accusandolo di aver nominato capo di gabinetto un personaggio abbastanza avulso dal melonismo di governo. Uno come Francesco Spano, “militante dem e Lgbtq, già beccato a finanziare con soldi pubblici associazioni gay per il sesso a pagamento”. Orrore!

E che dire di Nicola Porro, altra punta di lancia Mediaset, che interpellato dalle Iene (secondo il Tribunale di Grosseto, il programma non diffamò il funzionario nominato da Giuli) ha sparato ad alzo zero contro il successore di Sangiuliano (“Mi dovete spiegare come un governo di destra si mette come capo di gabinetto di un ministro di destra, uno che la destra all’epoca lo considerava inopportuno”)?

La seconda novità è che, secondo Repubblica, strenua paladina dei diritti Lgbtq, “il passato di Spano imbarazza il ministro”. Una gelida presa di distanza del giornale progressista e antiomofobo, come se le accuse al ministro del governo Meloni fossero giudicate politicamente prevalenti rispetto alla difesa del mondo arcobaleno.

Quanto a Giuli, già estensore di un denso saggio volto a collocare Antonio Gramsci nel pantheon anche della destra, sembra perseguire un suo percorso trasversale che da cultore della mitologia pagana, con tanto di aquila littoria tatuata sul petto (“No, è una moneta”, corregge lui) lo conduce verso altre voci, altri lidi.

Domenica, alla Festa del Cinema di Roma, è stato ritratto sorridente e accogliente accanto alla senatrice Liliana Segre. Per l’occasione ha pronunciato una frase che ai tempi della militanza nel Fronte della Gioventù gli sarebbe costata cara: “Bisogna celebrare tutti l’antifascismo, non c’è un monopolio”.

Esiste tuttavia un indizio che, come sospettano Giordano e Porro, sembra indicare una evidente deriva sinistrorsa del ministro: quando parla non si capisce una mazza.


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