
(Gioacchino Musumeci) – In merito alla vicenda delle dimissioni Spano da capo di gabinetto del ministero della cultura concordo per una volta col Ministro Giuli sul fatto che non è mai bello il metodo della “mostrificazione” con cui è stato “ aggredito” Spano dopo la nomina.
Ma Alessandro Giuli e non di meno la premier Giorgia Meloni in quanto a mostrificazione dovrebbero guardare innanzitutto in casa loro perché gli specialisti della demonizzazione e i metodi ripugnanti con cui è applicarla sono incisi nel DNA dell’estrema Dx meloniana.
Immigrati, comunisti, poveri in canna, omosessuali, perfino disoccupati e percettori di RDC: sono proprio quelli i mostri creati dalla Meloni; persone etichettate come “ nemici della nazione”, altre volte pericolosi portatori di agenti patogeni e ladri di occupazione destinata agli italiani: cavalcando la mostrificazione costante degli avversari la Dx di oggi ha guadagnato il potere che alla resa dei conti mostra di non meritare perché non sa amministrare degnamente la cosa pubblica.
Inutile nascondersi dietro un dito : l’attuale Destra di governo è afflitta da irrecuperabile arretratezza ideologica, coltivata enfatizzando pregiudizi e timori con cui nutre elettori privi di coscienza, e spiace perché ci rimette tutto il Paese.
La nomina di Spano a capo di gabinetto del MIC è stata pubblicamente e aspramente avversata da esponenti della destra omofoba, tralasciando per misericordia di considerare le pressioni da “ Pro vita & familia”, associazione di fanatici religiosi indegna perfino del nome che porta.
E non è finita perché nel mirino dei suprematisti omofobi ora c’è il ministro Giuli fresco di nomina. Dal punto di vista disturbato dell’omofobo è inconcepibile che un omosessuale dichiarato e per giunta sposato a un altro uomo con rito civile possa occupare una carica pubblica; perciò la nomina di Spano è l’ orrore che i cattolici estremisti di dx, non perdoneranno a Giuli troppo facilmente.
Perciò caro ministro è tutto chiaro : quello che si è verificato con Spano è uno schifoso regolamento di conti promosso da una destra omofoba e rappresenta perfettamente l’incapacità di questo governo di gestire con rigore, trasparenza e coerenza le politiche culturali in Italia.