Forse mai nei corsi e ricorsi della democrazia dei partiti la possibilità concreta della dissoluzione di una comunità politica era stata accolta con la stessa esultanza dal mondo circostante, a […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “Lo scontro Conte-Grillo? Avanti così resterà un solo elettore”. Davide Casaleggio
Forse mai nei corsi e ricorsi della democrazia dei partiti la possibilità concreta della dissoluzione di una comunità politica era stata accolta con la stessa esultanza dal mondo circostante, a cominciare dai commenti fintamente neutrali. E sbrodolanti tripudio per una storia finita come nelle separazioni più truculente: a piatti in faccia e a strapparsi di mano l’assegno di mantenimento. Non siamo in grado di occuparci in queste poche righe dei possibili sviluppi dello scontro, personale e nucleare, tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo anche se tutto sembra marciare verso il peggio. Ancora una volta si resta colpiti dalla irresistibile avversione, andata trasfigurandosi in forme di vero e proprio odio, che l’esistenza stessa dei 5Stelle ha sempre suscitato in chi non ha mai mandato giù la possibilità che la politica potesse non essere per forza una cosa sporca, sangue e merda. Un qualcosa che, per capirci, può ricordare la storia di Frank Serpico-Al Pacino e dei suoi colleghi corrotti della polizia di New York che invano cercano di convincerlo a prendere, se non tutta la sua parte, almeno un “rimborso spese”. Perché se c’è anche uno solo che non partecipa alla spartizione delle bustarelle, è tutto il sistema che rischia di crollare e dunque peggio per Serpico se insiste a non muoversi dal suo insensato mondo a parte.
Per carità, nessuno vuole sostenere che una quindicina di anni fa, quando il fenomeno grillino cominciò a prendere forma, per poi deflagrare nel boom elettorale, il sistema dei partiti fosse del tutto marcio (anche se la stagione di Tangentopoli non si è mai davvero conclusa). Però, l’irruzione nel cuore delle istituzioni di una compagnia di svitati determinati a immettere nelle vene del sistema certe riforme eversive che si chiamavano “Spazzacorrotti”, o votate a disboscare la giungla dei vitalizi, o a ristabilire una legge uguale per tutti provocò una choc anafilattico nell’ambiente. Solo che a differenza dei colleghi di Serpico, che presidiavano il loro fortino con le cattive, il Movimento fu subito ostracizzato con le armi della derisione e del discredito. Ah ah, degli scappati di casa che volevano aprire il Parlamento come una scatola di tonno, figurarsi. Chi si credevano di essere? E vai col tango dello sputtanamento ad personam, ministro per ministro. Ecco Danilo Toninelli (reo di aver tagliato le unghie agli amici degli amici che bivaccano sulle Infrastrutture ) liquidato come “un cretino”. L’incontrollabile ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, non è un avvocato ma “un ex disc jockey”. A Luigi Di Maio viene affibbiata la nomea di “bibitaro” senza che abbia mai venduto una bibita. Mentre Alessandro Di Battista, colpevole di aver rinunciato a una sicura poltrona ministeriale per seguire i propri sogni, si merita il nomignolo di “Dibba”, come si fa per il ragazzo spazzola. Per non parlare della sindaca di Roma Virginia Raggi, oggi rimpianta alla luce del disastro Gualtieri, ma che al tempo fu appesa all’albero Spelacchio. Adesso si sghignazza su Grillo il “comico”, che sui 300 mila euro non scherza affatto. E si ironizza su Conte il “leguleio”, che comunque per salvare il salvabile si affida agli strumenti della democrazia. Ecco perché lo scontro tra i due fa rabbia: perché non si possono guardare le facce festose di chi non ha mai smesso di diffamarli. Per boicottare l’unico vero tentativo di cambiare in meglio questo disgraziato Paese.