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Dubbi 5S: “In certi posti forse è meglio non candidarsi”

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Esempi – Dalla Sardegna a Rimini, dove il M5S non volle correre

(Di Luca De Carolis – ilfattoquotidiano.it) – Negli anni ruggenti (per loro), quando ai Cinque Stelle era vietato anche immaginare di allearsi con un partito, a decidere tutto era lui. Più del cofondatore Beppe Grillo, che pure formalmente concedeva il simbolo. Un tempo era soprattutto Gianroberto Casaleggio, l’uomo che ha immaginato i Cinque Stelle, a stabilire se valeva la pena di correre a livello locale. E il primo requisito era l’ordine – e l’obbedienza – nei meet-up, i gruppi locali: appena fiutava problemi, la casa madre di Milano calava il veto. Tanti anni dopo, a disastro ligure appena consumato, un dubbio affiora nel M5S: non sarà il caso di rifarlo, seppure su presupposti diversi? “Forse è inutile presentarsi dove sappiamo che prenderemo il 2 per cento, tanto vale aspettare di radicarsi meglio” ragionano alcuni contiani con il Fatto. Correre non deve essere obbligatorio, dove hai liste fragili. Soprattutto se il candidato scelto dal Pd non può essere digerito dalla tua base. “Talvolta sarebbe meglio evitare di farsi del male” sussurra un big. Se ne parla e se ne riparlerà, nel M5S. Nell’attesa, si possono citare vecchie, draconiane scelte. E la più macroscopica fu in Sardegna, ad oggi l’unica regione governata dai 5Stelle. Nell’isola il Movimento ha trovato presto terreno fertile, arrampicandosi al 30 per cento nelle Politiche del 2013. Eppure l’anno dopo il partito più votato dai sardi non si presenta alle Regionali. “Non siamo ancora pronti, c’è troppo livore” sostiene la deputata Emanuela Corda. Guadagnandosi la replica piccata della collega Paola Pinna: “Sarebbe bastato poco per esaudire le richieste d’aiuto di attivisti e parlamentari”. Gli eletti sono spaccati. Ma settimane di proteste e suppliche, con tanto di sciopero della fame di cinque attivisti, non inteneriscono Casaleggio e Grillo. Niente simbolo per la lista.

Due anni dopo, nel marzo 2016, il blog dell’attuale garante annuncia che il M5S non presenterà candidati a Latina, Caserta, Rimini, Ravenna e Salerno. Sono capoluoghi dove il Movimento viaggia su buone o ottime percentuali, ma con lotte interne furibonde. A Rimini la lista già presentata viene “scomunicata” dall’ex moglie di Grillo: “È farlocca”. Mentre a Salerno il candidato sindaco scelto dal meet up è stato sfiduciato da una parte degli attivisti. Così da Milano fermano tutto. Un mese dopo, Casaleggio senior muore. E non può assistere alle Comunali di giugno, dove Virginia Raggi si prenderà Roma e Chiara Appendino espugnerà Torino. “Non correre nei posti sbagliati ci ha rafforzato” traducono molti 5Stelle. Tre anni dopo il Movimento presenta un candidato sindaco solo in metà dei capoluoghi, e in un comune su 13. In tanti parlano di “ritirata”. Analisi per molti versi giusta. Il M5S ormai di governo patisce la regola dei due mandati, visto che molti non vogliono presentarsi a livello locale per non bruciarsi uno dei due eventuali tagliandi per il Parlamento. Ma pesano pure gli errori – anche da inesperienza – dei suoi nelle amministrazioni. Si arriva agli anni contiani, dove il Movimento nelle elezioni locali colleziona disfatte, con l’eccezione della già citata Sardegna e di Foggia. Ora si trema solo per Emilia-Romagna e Umbria. E nel M5S sospirano: “Speriamo di non crollare al 3 per cento”.


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