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Gli Stati Uniti sembrano una Liguria

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La Liguria in Pennsylvania. Chiedo venia se abituato a ciondolare nel cortile di casa oso accostare Kamala Harris e Andrea Orlando, ma nella fenomenologia dei più rumorosi tonfi della sinistra progressista, liberal, radical, o come […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – La Liguria in Pennsylvania. Chiedo venia se abituato a ciondolare nel cortile di casa oso accostare Kamala Harris e Andrea Orlando, ma nella fenomenologia dei più rumorosi tonfi della sinistra progressista, liberal, radical, o come vi pare, non v’è chi non veda come il modello italiano (o italian job) abbia fatto scuola. Del resto, Silvio Berlusconi impone la figura del miliardario acclamato dai poveracci (dimostrando che, alla fine, la lotta di classe l’hanno vinta i ricchi) mentre, ancora, The Donald si sputtanava allegramente i soldi di papà. Del resto, tra i flop Champions come non menzionare l’Ulivo Mondiale inventato da Romano Prodi e che nella coazione a ripetere (gli errori) da parte di quelle brave persone fu riproposto da Enrico Letta. Insomma, se Kamala avesse studiato i flussi elettorali dell’Imperiese (anche se un collettore di voti come Claudio Scajola, Trump se lo sogna) avrebbe facilmente compreso che vincere nelle metropoli non serve granché se poi perdi sonoramente nelle campagne. Una periferia determinante nel premiare la destra e che si reca alle urne soprattutto in odio alla sinistra. Contro la élite progressista che “trasuda disprezzo classista verso gli elettori di destra contribuendo a gettarli nelle braccia del 47° presidente” (Federico Rampini). O di Marco Bucci. Così come, qui e là, le inchieste giudiziarie non smuovono un voto: vedi Giovanni Toti mentre nel caso di Trump fanno curriculum. Lo stesso dicasi per la mostrificazione dell’avversario e l’antifascismo strumentale. Quanto alle campagne identitarie è dimostrato che in tutto l’orbe terracqueo se non parli del prezzo del latte gonfiato dall’inflazione bensì, tutto il tempo, delle politiche di genere non basta poi affidarsi a Taylor Swift e all’intero star system. Il confronto con i troppo belli, ricchi e di successo non fa altro che approfondire il solco con chi deve fare i conti ogni giorno con lavori sottopagati, la violenza urbana o la peste del Fentalyn. Quanto ai Democratici americani, che adesso scaricano la sconfitta su Joe Biden, colpevole di aver mollato troppo tardi danneggiando la candidatura della sua vice, essi non possono insegnare nulla ai democrat nostrani superlativi nel gioco del vengo anch’io no tu no, così da perdere una regione per un pugno di voti. Ps: non mi scaglierò contro la cultura woke visto che, uffa, ormai lo fanno tutti. Davanti alla brutalità del nuovo padrone degli Usa sono anzi tentato di firmare questo pezzo con la schwa.


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