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I paragoni imbecilli con gli anni 70

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Su ciò che il professor Manconi, sociologo e studioso della lotta armata, ha detto con grande chiarezza nell’intervista a Giovanni Bianconi sul “Corriere della Sera” ci limiteremo […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “Nell’Italia di oggi, i paragoni con il clima di mezzo secolo fa non hanno alcun senso”. Luigi Manconi

Su ciò che il professor Manconi, sociologo e studioso della lotta armata, ha detto con grande chiarezza nell’intervista a Giovanni Bianconi sul “Corriere della Sera” ci limiteremo a una sola aggiunta. Egli, a proposito degli scontri di piazza con le forze dell’ordine dei giovani di sinistra, dice: “Sciagurato rifare il segno della P38”. Sì, ma anche da imbecilli. Per il resto c’è da notare la grande attenzione che le prime pagine dei giornali governativi, e i titoloni della destra televisiva, dedicano ai tafferugli scoppiati a Roma, nel cortile della Sapienza durante le operazioni di voto per eleggere i rappresentanti nel senato accademico. Episodi deplorevoli, per carità, soprattutto quando i giovanotti di sinistra vorrebbero togliere la parola ai giovanotti di destra (ma anche viceversa). Il cui rilievo nei giornali e tg non dichiaratamente di parte non va oltre, però, le pagine della cronaca. Vorremmo spiegare questo singolare fenomeno con l’esigenza delle reti Mediaset di alzare lo share. Se non fosse che su La7 la concorrenza serale registra, regolarmente, il doppio degli ascolti, e senza evocare il rischio (inesistente) di un ritorno agli Anni di piombo. Calamità che, invece, tra il dico e il non dico, si addensa come una nube nera nelle articolesse di “Libero” e del “Giornale” e negli studi dove furoreggiano i Cruciani e i Capezzone. Luoghi dove, è vero, “si dà la parola a tutti” anche se forse sarebbe meglio di no, a giudicare dagli stralunati argomenti di chi è chiamato a esporre le ragioni degli studenti di sinistra.

Perciò qualche domanda sorge spontanea. Perché enfatizzare le turbe di un’infima minoranza di giovanotti (supportati da alcuni incanutiti reduci degli anni Settanta) che forse quegli atenei neppure ha mai frequentato o frequenta? Perché elevare a simbolo di una protesta giovanile, quasi dappertutto ordinata e civile, quelle poche dita che mimano il gesto, imbecille, della P38? Perché trasmettere al pubblico a casa la sensazione che il Paese stia scivolando verso una nuova stagione di violenza, questa volta indirizzata contro il governo Meloni? Perché evocare lo stesso mefitico clima che mezzo secolo fa ci condusse, dico e non dico, al terrorismo?


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