Nervi giallorosa – L’avvocato: “Serve coraggio”. I dem: “Noi responsabili”

(Di Luca De Carolis – ilfattoquotidiano.it) – I Cinque Stelle che non sono ancora usciti dalla Costituente si sentono progressisti, parecchio indipendenti. Così dal palco degli Stati generali della ripartenza a Bologna, intervistato da Luca Telese, Giuseppe Conte morde i probabilissimi alleati del Pd: “Il sì alla commissione Von der Leyen è un grave errore politico, quella commissione non è progressismo”. E così conferma la distanza dai dem in Europa, dove il M5S ha votato convintamente no a Von der Leyen e alla frammentata maggioranza che le ha consentito in qualche modo di partire. Anche con i voti del Pd, nonostante prese di distanza e mal di pancia interni.
Ora più che mai, Conte non vuole apparire schiacciato sui dem. Non deve concedere eventuali varchi polemici a Beppe Grillo in vista del voto bis sul garante dal 5 all’8 dicembre. E ha in parte sofferto le critiche della vicepresidente Chiara Appendino sul M5S “apparso spesso subalterno ai dem”. Anche per questo, tiene i gomiti alti: “Nella commissione Von der Leyen parlano solo di transizione militare, non di transizione ecologica. Credo che sia stato commesso un grande errore politico, non un infortunio”. Picchia, nel venerdì in cui sui dem infierisce un ex come l’eurodeputato di Avs Ignazio Marino, a Un giorno da pecora: “Al Pd serve un grande psichiatra. Elly Schlein dice di investire sulla sanità ma in Europa vota per spostare le risorse del Pnrr che servivano alla sanità pubblica per acquistare missili e bombe”. E anche Carlo Calenda (Azione) punge: “La segretaria del Pd ha detto che non sente sua questa commissione Ue. Incomprensibile: o la voti o non la voti”. Conte però colpisce perché ha un’urgenza, trovare una sua collocazione nei progressisti. Vuole e deve differenziarsi dal Pd, che sulla politica estera è comunque spesso lontano dai 5Stelle. Nelle scorse ore l’ex premier ne ha ragionato anche con alcuni dei suoi dirigenti: “Non capisco i dem, in Europa ci vuole coraggio. Ci si può anche professare progressisti, ma se poi si vota assieme alle destre?”. Per poi rievocare: “La scorsa volta, nel 2019, propiziai io la nomina di Von der Leyen, bloccando quella del socialista Timmermans assieme ad altri dieci paesi (in gran parte quelli del cosiddetto blocco di Visegrad, ndr). Prima di darle il mio via libera, la incontrai e parlammo un’ora. Volevo e ottenni precise garanzie”.
Come a dire che lui da presidente del Consiglio sapeva prendersi i suoi rischi. Postura ben diversa, fa capire, da quella di quei progressisti – dem compresi – che in Ue hanno detto sì a una risoluzione in cui si esprimeva “rammarico” per la telefonata del cancelliere tedesco Scholz a Putin. “Una censura scandalosa, se fossi stato al governo avrei tartassato di telefonate Putin” ha scandito. “Le pressioni a livello internazionale della macchina bellica sono fortissime, e sono un problema anche per i dem”, sospetta con i suoi Conte. Un nodo anche per Schlein, insomma, con cui l’ex premier non si sente da qualche giorno. Però dovrebbero vedersi domenica a Chianciano Terme, all’assemblea nazionale di Europa Verde. Nell’attesa anche un 5Stelle di certo non ostile ai democratici come il capogruppo in Senato, Stefano Patuanelli, dice al Fatto: “Non si può pensare che questa commissione possa incidere sui temi che il campo progressista vuole portare avanti, come il green deal o una politica economica espansiva. Il Pd aveva detto che non sarebbe mai stato dove c’era la destra di Ecr, e invece…”. E invece ha detto sì. “Ma l’abbiamo fatto per senso di responsabilità”, ribattono dal Pd.
Al Nazareno avevano già notato l’intervista al Fatto di giovedì scorso di Pasquale Tridico, dove il capodelegazione del M5S in Ue aveva accusato i dem di essere “ambigui”. Ieri, gli strali Conte. A cui il senatore Alessandro Alfieri, responsabile Riforme e Pnrr dei dem, risponde così: “Noi non ci preoccupiamo di interessi di bottega, ma di quelli dell’Italia e dell’Europa. Non abbiamo certo apprezzato certi atteggiamenti del Partito popolare europeo, ma non potevamo lasciare l’Ue senza commissione con una guerra in pieno svolgimento in Ucraina, e con Donald Trump che vuole passare a una logica di rapporti bilaterali, rischiando così di cancellare l’Europa sul piano diplomatico”. Pragmatismo, insomma. Perché il Pd non è il Movimento, e viceversa.