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Mara, come si cambia (per non sparire)

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Carfagna: “Noi politiche in campo contro gli abusi, ma non è il nuovo Me too”. “L’omicidio Cecchettin ha suscitato voglia di reagire. E queste testimonianze sono un monito per chi cerca di minimizzare. Le donne hanno capito che possono difendersi anche con le denunce”

(di Gabriella Cerami – repubblica.it) – Roma — «L’omicidio di Giulia Cecchettin è stato uno spartiacque». Per questo, secondo Mara Carfagna, deputata di Noi moderati ed ex ministra per le Pari opportunità, le vittime di maltrattamenti, anche donne chi si occupano di politica, hanno la forza di raccontare le proprie storie. Ma dividersi in Parlamento sulla mozione contro il patriarcato «è stato un errore».

Onorevole Carfagna, sono sempre più frequenti le denunce di donne che hanno subito violenza e maltrattamenti. Cosa è cambiato?

«Sono cambiate due cose. Si sono rafforzati gli enti a cui rivolgersi, i centri antiviolenza, il numero verde, i presidi ospedalieri, e anche le forze dell’ordine hanno nuove consapevolezze: le donne sono più ascoltate che in passato. E hanno capito che possono e devono difendersi, anche con le denunce».

Durante l’assemblea di Noi moderati, delle tredici partecipanti al dibattito in sei hanno raccontato di essere state vittime di violenza di genere. E negli ultimi tempi tante donne che fanno politica, anche in Parlamento, hanno fatto lo stesso. Possiamo considerarlo l’inizio di un fenomeno paragonabile al Me too?

«Assolutamente no, sono cose diverse. Penso però che l’omicidio di Giulia Cecchettin abbia segnato uno spartiacque. Non ha suscitato solo commozione o rabbia, ma soprattutto voglia di reagire. Sono aumentate le denunce, le richieste di aiuto, e anche le testimonianze delle donne in politica: un monito a chi ancora cerca di minimizzare il problema degli abusi».

È un modo per dire che la politica deve fare di più?

«Siamo stati tra gli ultimi in Europa a cancellare orrori come il delitto d’onore o il matrimonio riparatore. Ma poi abbiamo corso: le leggi contro lo stalking, i matrimoni forzati, il codice rosso. Oggi abbiamo un complesso normativo all’avanguardia. Purtroppo c’è un pezzo di mondo maschile che non è cresciuto di conseguenza».

Anche in Parlamento vede questa mancata crescita da parte di alcuni esponenti politici?

«Le cose sono enormemente migliorate in pochi anni. Quando nel 2009, da ministra delle Pari opportunità, portai al voto la legge contro lo stalking c’era ancora chi diceva che non si poteva punire un corteggiamento un po’ insistente. Oggi a nessuno salterebbe in mente di dire una cosa del genere».

La ministra Roccella si limita a dire che per l’8 marzo sarà presentato un testo unico che raccoglierà le disposizioni contro la violenza di genere e che avrà un impatto anche sul fronte del cambiamento culturale. Quali devono essere i contenuti?

«Il testo unico sarà un testo riassuntivo di tutte le disposizioni sulla violenza di genere, la discriminazione sul lavoro, gli ostacoli all’empowerment, e tutti gli ambiti in cui si esprime la violenza contro le donne. Lo ha richiesto all’unanimità la commissione d’inchiesta sui femminicidi presieduta da Martina Semenzato».

Avverte una certa insofferenza nei confronti di una politica fatta ancora molto di uomini?

«Vedo piuttosto gli uomini sempre più consapevoli che la questione della parità non può più essere elusa o relegata in fondo dell’agenda politica. Tra l’altro l’elezione di Giorgia Meloni, una premier donna, ha azzerato il più triste degli stereotipi maschili, quello secondo cui la politica “non è cosa da donne”».

Può questo Parlamento, che si è spaccato sulla mozione di contrasto al patriarcato, riuscire a fare qualcosa?

«Dividersi su quella mozione è stato un errore. È successo sull’onda delle polemiche sul tema del patriarcato: abbiamo permesso a un tabù tutto maschile di condizionare l’unità delle donne in una giornata importante».

L’opposizione accusa la maggioranza di negare il patriarcato. Cosa risponde?

«È un dibattito ideologico che non mi appassiona. È per me evidente che maschilismo, sessismo e violenza maschile agiscono ancora nella nostra società. Alla politica tocca educare al rispetto delle donne e fermare chi pensa di poterle sottomettere con la forza».

Perché oggi le donne della politica italiana accettano di metterci la faccia? Può partire da voi un impegno comune?

«Sono sicura di sì. E non parlo solo di violenza. Credo che l’Italia sia stanca di un certo approccio muscolare ai problemi, della politica vissuta come scontro tra galli. Le donne saranno la sorpresa della prossima stagione».


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