Confronti – La ministra e Zagrebelsky

(Di Sivia Truzzi – ilfattoquotidiano.it) – La singolar tenzone va in scena al Circolo dei lettori di Torino dove Maria Elisabetta Alberti Casellati (cuore impavido) ha voluto un confronto pubblico con Gustavo Zagrebelsky sul premierato. Stasera il nostro lavoro è complicato perché, pur con le migliori intenzioni, è difficile capire cosa vuol dire il ministro: cita brocardi latini con abbreviazioni confidenziali (“simul simul”, il suo preferito; sta per “simul stabunt simul cadent”), si mangia le parole, interrompe le frasi e chiama Massimo Severo Giannini “Saverio”, forse confondendolo – suggerisce il professor Zagrebelsky – con Francesco Saverio Marini, candidato della maggioranza alla Corte costituzionale.
Avete presente Alcide De Gasperi alla Conferenza di pace di Parigi, “Sento che tutto tranne la vostra personale cortesia è contro di me”? Ecco, lo stato d’animo della madre della madre di tutte le riforme dovrebbe essere più o meno questo. Invece si mostra parecchio sicura e dà del tu a una riforma che rivendica subito come sua: non l’ha messa al mondo ma, ripete, “a terra” (come fa l’elettricista). Il pubblico è freddino, siamo pur sempre a Torino, e il primo applauso Casellati lo strappa quando spiega che vuole essere chiamata “ministro perché al femminile è cacofonico”.
Il professor Zagrebelsky esaurisce la cortesia e salta in piedi, letteralmente, quando capisce dal discorso del ministro che secondo la Costituzione, il governo dura cinque anni. Lei dice che no, si riferiva alla legislatura, per capire quanto è difficile starle dietro. Il direttore della Stampa, Andrea Malaguti, le chiede a cosa serve la riforma. Il premierato “darà stabilità ai governi” perché abbiamo avuto 68 governi in 76 anni di Repubblica. La stabilità non è un capriccio, “vuol dire avere credibilità, la fiducia dei mercati, la possibilità per le imprese di programmare il futuro”. C’è “uno studio famoso” (e fumoso, da come viene esposto), secondo cui “negli ultimi dieci anni di instabilità politica abbiamo avuto 265 miliardi di euro in più sugli interessi del debito pubblico”. Il premierato serve al debito pubblico, un po’ come la riforma Renzi serviva ad avere cure per il cancro uguali per tutti. Certo, ammette il ministro, nel programma di governo c’era il presidenzialismo, ma a lei (questo è un concetto che ci tiene tantissimo a ribadire) non importa molto: l’elezione diretta del Presidente del Consiglio o del Presidente della Repubblica fa lo stesso. E allora, come si fa nei casi in cui si deve modificare la Carta, si è consultata con i partiti, purtroppo c’era solo Renzi a volere l’elezione diretta del Capo dello Stato. Così è nato il premierato all’italiana (che dovrebbe correggere le storture dell’unico altro Paese che lo ha usato per un quarto d’ora, Israele).
Mentre il ministro si avventura sull’ordine del giorno Perassi (da Tommaso, giurista e costituente) viene interrotta, ed è solo il primo punto sul quale Zagrebelsky la deve correggere (ci vuole del coraggio a citare i lavori della Costituente di fronte a lui). Il professore fa notare che la stabilità è un portato della politica, non esiste alcuna forma di governo che di per sé la garantisca, tant’è che oggi noi siamo stabilissimi, Francia e Germania che sono state stabili in passato oggi non lo sono. Ma il ministro insiste: lei vuole istituzionalizzare la stabilità politica (qualunque cosa voglia dire). E poi precisa: la riforma è “neoparlamentare” (???) e “assomiglia di più al parlamentarismo inglese che al presidenzialismo”: diventeremo una monarchia costituzionale? Forse non è proprio una gaffe: con il parlamento ridotto a scudiero del governo, il Presidente della Repubblica depotenziato come le altre istituzioni di garanzia, il premier diventerà una specie di re.
Anche se il vero re sarà l’eventuale secondo premier, il rimpiazzo di quello eletto, che, fa notare Zagrebelsky, è stato inserito per dare la possibilità agli alleati di coalizione (Lega in primis) di sognare Palazzo Chigi. E invece no: Casellati non dà retta agli alleati, sono stati i 110 costituzionalisti riuniti al Cnel a dirle che l’elezione diretta così era “troppo rigida”. Poi par di capire che in realtà le avevano proposto la sfiducia costruttiva. Sia come sia, alla fine ce ne andiamo con una certezza: per la Carta la miglior garanzia è il ministro Casellati. Basta farla parlare.