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Presepi, fiere e tartufi: 12 milioni di mance nei fortini di De Luca

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regalie – Assalto alla diligenza in vista del possibile voto anticipato: ok a 250 finanziamenti

(Di Vincenzo Iurillo – ilfattoquotidiano.it) – Napoli. Ecco un indizio serio che il presidente Vincenzo De Luca – speranzoso di un terzo mandato con o senza il Pd – sta maturando l’intenzione di far tornare alle urne la Regione Campania già l’anno prossimo. Emerge dalle 35 pagine del verbale della Commissione Bilancio presieduta dal deluchiano Francesco Picarone, che ha approvato una legge di Stabilità infarcita di prebende come mai si era visto prima. Zeppa di finanziamenti a pioggia tra Comuni, sagre della castagna, della pizza e della zeppola a Sicignano, a Qualiano e a San Giuseppe Vesuviano, feste patronali a San Vitaliano e a Quarto, mostre ornitologiche ad Acerra e del tartufo a Colliano, rassegne musicali in Irpinia e a Benevento, presepi viventi a Buccino e a Cava dei Tirreni, manti stradali da rifare a Napoli e a Casola, e la sacrosanta tutela delle tartarughe marine dell’area protetta di Punta Campanella a Massa Lubrense: sono circa 250 le mancette – per un totale di circa 12 milioni di euro – approvate a maggioranza, con il voto contrario delle opposizioni dei gruppi del centrodestra, del Movimento 5 Stelle, della consigliera Maria Muscarà (gruppo misto), e l’astensione della consigliera del gruppo misto Valeria Ciarambino, nel 2020 candidata alla presidenza per il M5S. Su alcuni dei singoli finanziamenti però si sono registrate maggioranze bipartisan. Anche l’opposizione infatti sente odore di elezioni anticipate, e vanno accontentati tutti i serbatoi di preferenze.

Di queste mancette, circa 90 riguardano finanziamenti a parrocchie e basiliche: da ristrutturare in genere, da rifornire di strumenti musicali (Pomigliano d’Arco), da impreziosire con un campetto di calcio (Nola), col teatrino da rimettere a posto (San Giuseppe) o con gli impianti elettrici da risistemare (Somma Vesuviana e Santa Maria la Fossa), o per le loro banche alimentari con le quali sostenere i poveri e le attività pastorali (Sala Consilina), o per allestire stanze dove accogliere gli anziani (Casalnuovo). L’ex comunista De Luca ormai capeggia un Consiglio regionale di amici dei preti, e questo senza sminuire il loro prezioso lavoro sui territori. In ogni caso, quella licenziata in Commissione Bilancio appare a tutti gli effetti come una finanziaria con la quale accontentare il maggior numero di bacini elettorali possibili, per poi passare immediatamente all’incasso del consenso. Arriva poche settimane dopo una indiscrezione pubblicata a metà novembre su Il Mattino sull’ipotesi di dimissioni anticipate di De Luca, un anno prima della scadenza naturale. Il presidente, ormai deciso anche a intraprendere una eventuale corsa in solitaria, così prenderebbe in contropiede centrodestra e centrosinistra, che non hanno un candidato unitario e si troverebbero con pochissimo tempo a disposizione per individuarlo, tra litigi e veti incrociati (in questi giorni, per esempio, le agenzie sono zeppe di liti tra la Lega e Forza Italia in Campania).

La finanziaria De Luca andrà in aula venerdì per l’ok definitivo. Nel silenzio della minoranza sull’exploit di mancette, l’unica eccezione è rappresentata dalla consigliera regionale Maria Muscarà, ex M5S ora indipendente. Che parla “di regalie e sprechi inaccettabili, elenco indecoroso di prebende e spese senza logica” per quella che è stata, a parere della consigliera, “la Commissione Bilancio più importante dell’anno, forse dell’intero quinquennio”, i cui lavori sarebbero stati gestiti “in maniera confusionaria, con una convocazione prima all’una di pomeriggio, poi slittata più volte fino alle sette di sera: un comportamento inaccettabile per una Regione tra le più importanti d’Italia. Queste ore avrebbero dovuto essere dedicate a un confronto costruttivo su una visione unitaria di sviluppo. E invece… niente. Nessuna visione, nessuna programmazione”.
È stata invece una sorta di assalto alla diligenza, sul quale ognuno è libero di pensare chi sia andato meglio e chi peggio. Alcune stranezze, peraltro, emergono sin da subito e Muscarà è stata la prima a evidenziarlo: solo 16.000 euro per il centro storico di Napoli, patrimonio dell’Unesco, la stessa cifra destinata al singolo monumento di Santa Sofia a Benevento.


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