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Discorso ai soldati

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(Tommaso Merlo) – Le missioni militari all’estero sono un fallimento epocale e un immenso spreco di soldi pubblici. E la pace fatta con gli eserciti, una panzana storica. Pensate al Kosovo dove il contingente internazionale è ancora lì da oltre vent’anni, se tornasse a casa tra serbi e albanesi ricomincerebbe subito la rissa. Questo perché certe dispute le risolvono i popoli con la politica, non degli stranieri col fucile. Si chiama autodeterminazione e pensate a quanto sia stata turbolenta quella italiana. Per secoli da noi la presenza straniera ha fatto solo danni e siamo sorti come nazione cacciandoli. E che dire del contingente militare tra Libano ed Israele, anch’esso lì da quasi vent’anni. Sulla carta doveva imporre un cuscinetto tra i due paesi ed invece è appena cessato il fuoco dopo mesi di guerra cruenta tra quelle colline. Come se nulla fosse. C’era un contingente miliare anche al confine con la Siria, almeno fino al giorno prima dell’invasione israeliana. Nulla di nuovo sotto il sole. In Europa abbiamo smesso si scannarci a vicenda quando abbiamo abbandonato i confini invece di difenderli, quando ci siamo uniti ai nostri vicini invece di combatterli. È questa la storica lezione europea: la sicurezza si conquista con la pace, non con la guerra. Abbattendo muri e costruendo ponti. E pure il benessere. Quanto al Medioriente, altro che guardie di confine. La sorgente di tutti i mali è il sionismo che non vuole che i palestinesi abbiano un proprio stato. Tutto il resto è una conseguenza. E se l’Occidente si vuole rendere utile deve costringere Israele a sedersi ad un tavolo e rispettare la legge internazionale. Tutti il resto è propaganda. Ma rimane sicuramente quello in Afghanistan il fallimento più clamoroso, vent’anni di occupazione costati una fortuna per poi alla fine ridare il paese ai Talebani su un piatto d’argento. Dovevamo esportare la pace, la democrazia e generare sviluppo a suon di bombe ed invece a Kabul sono tornati al Medioevo e soffrono la fame. È stata la lotta al terrorismo islamico il movente di molte guerre negli ultimi decenni, col risultato che ce lo siamo trovati sull’uscio di casa e che a Damasco sta nascendo il più grande califfato della storia. Davvero ingegnosa la soluzione americana in proposito, togliere la taglia da 10 milioni sulla testa di Al-Jolani e magari pure considerare il suo HTS un partito democratico. Un classico, i nostri nemici sono terroristi a prescindere mentre ci tappiamo occhi e orecchie con chi ci fa comodo. E poi c’è in giro ancora qualcuno che si chiede il perché del drammatico declino morale e quindi politico dell’Occidente. Siamo diventati talmente arroganti da fregarcene della coerenza e dei valori che predichiamo, abbiamo perso la faccia da Kabul fino a Gaza eppure insistiamo a ripetere gli stessi errori. Non riusciamo a capire che gli eserciti non possono sostituire la diplomazia e quindi la politica. E che la guerra aggrava i problemi senza risolverne nessuno. Come in Ucraina, altro fallimento storico. Tra popoli russi ed europei c’era una profonda amicizia e comuni interessi e la guerra poteva e doveva essere evitata negoziando. Ed invece ci ritroviamo in una pericolosa escalation, con l’Ucraina sommersa da cumuli di macerie e di cadaveri, l’Europa in ginocchio ed immense risorse pubbliche sottratte ai bisogni dei cittadini e sprecate in armamenti per difendersi da un nemico immaginario. In passato le guerre avevano perlomeno delle ragioni chiare e soprattutto vincitori e vinti. Oggi invece ognuno ha la sua opinione sul perché scoppia una guerra e nessuno ne risponde. I politicanti vanno e vengono mentre la lobby bellica è senza volto e sempre più autonoma da popoli e governi. Salvo girare col cappello in mano per il nostro bene. Ma la pace non si fa con la guerra, si fa con la pace. Dobbiamo investire in istituzioni e diritto internazionale in modo che vi sia un sistema solido che permetta di derimere le controversie pacificamente. Dobbiamo investire in una cultura e quindi in una politica di pace riprendendo la strada tracciata nel dopoguerra dai nostri avi. Dobbiamo fermarci tutti a riflettere per capire come siamo potuti arrivare fino all’orlo di questo pericoloso dirupo. Non possiamo scaricare sulle nuove generazioni i drammatici errori del passato, non possiamo rimanere inermi davanti al rischio dell’autodistruzione nucleare. Non c’è bene superiore alla pace, nella vita delle persone come dei paesi. Oggi non siamo ancora al punto da smantellare tutti gli eserciti, ma è questo l’obiettivo che dobbiamo porci per il bene dell’umanità.


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