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Tanta voglia di Svizzera

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(di Massimo Giannini – repubblica.it) – Ho appuntato sul taccuino un po’ di pensieri sparsi, in questo scorcio di fine 2024. E nel rimetterli in ordine, trovo ragioni per un rapido espatrio. Per esempio, leggo un’intervista a Javier Milei, fresco firmatario del patto della motosega con Meloni, che nel frattempo gli ha generosamente concesso la cittadinanza italiana, forse per la brutalità con la quale ha segato la testa di 50 mila dipendenti statali. El loco argentino annuncia che un giorno lui potrebbe diventare presidente del Consiglio del nostro Paese, mentre la sua amica Giorgia dovrebbe essere incoronata presidente della Repubblica. È una bella prospettiva, in effetti. Milei a Palazzo Chigi, Meloni al Quirinale: perché no? È lo scenario perfetto. Rassicura una nazione già molto serena e pacificata di suo, dove le istituzioni sono sacre per tutti, la maggioranza e l’opposizione si rispettano, i cittadini vivono in letizia e in armonia, come veri Fratelli d’Italia.

La Capa del governo – non mi ricordo più se al Circo Massimo o alla Camera, tanto ormai sono arene equivalenti per linguaggio e lignaggio – ha sparso miele su tutti i nemici: la sinistra criminale e la Schlein omosessuale, il sindacato sovversivo e il Landini eversivo, i magistrati comunisti e gli intellettuali golpisti, Saviano il Mefitico e Prodi l’Isterico. Lei sul Colle, e Lui sotto, possono solo migliorarci. Sicuramente farebbero arrivare i treni in orario, per consentire ai leghisti di stare in aula quando parla la premier. E certamente prenderebbero di petto il problema degli scioperi, che Matteo Salvini (detto anche Precetto Laqualunque) non è ancora riuscito a risolvere. Poi risparmierebbero a Roccella i rituali anatemi contro le donne abortiste, a La Russa la solita pioggia di insulti ai cronisti, e a Valditara il consueto profluvio di querele agli intellettuali, perché le femministe alla Ardone o Guerritore, le iene dattilografe alla Ranucci o Formigli e le penne rosse alla Scurati o Lagioia verrebbero finalmente deportate nei lager albanesi, riempiti di dissidenti nostrani in assenza di migranti africani. Pensate che meraviglia. Una Patria finalmente libera e ripulita di zecche e di checche, di toghe e di streghe, di storici e di tossici, opportunamente perseguiti anche in automobile (con tanti saluti al Blasco, forse anche lui destinato ai Cpr di Edi Rama). Molti anni fa, in quel capolavoro di Il Provinciale, Giorgio Bocca scriveva che certe mattine gli veniva una voglia forte di Svizzera, prendeva l’auto e andava a Lugano o a Locarno, e appena passava il confine il cuore gli si allargava. Confesso che oggi quella voglia ogni tanto viene anche a me. Poi ci ripenso e ci rinuncio. Aspetto la sera di martedì prossimo, 31 dicembre, quando a reti unificate sentirò il discorso di Capodanno di Sergio Mattarella. E le parole chiare e forti di quel formidabile “Picconatore Gentile”, finalmente, mi restituiranno un po’ di orgoglio di essere italiano.


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