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Sala, la minaccia dei capelli liberi

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Giornalista, donna, italiana: riguardo al triplice livello di rischio che Cecilia Sala ha affrontato ritornando nell’amata Teheran il nostro governo preferisce, giustamente, concentrarsi sull’aspetto della […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – “Le trattative con l’Iran non si risolvono, purtroppo, con il coinvolgimento dell’opinione pubblica occidentale e con la forza dello sdegno popolare.” Guido Crosetto, ministro della Difesa

Giornalista, donna, italiana: riguardo al triplice livello di rischio che Cecilia Sala ha affrontato ritornando nell’amata Teheran il nostro governo preferisce, giustamente, concentrarsi sull’aspetto della nazionalità. Poiché sembra assodato che esista un nesso robusto, chiamato ritorsione, tra il sequestro (di questo si tratta) dell’inviata, sbattuta in isolamento in quell’incubo che è il carcere di Evin, e l’arresto avvenuto qualche giorno prima di un presunto trafficante d’armi iraniano all’aeroporto di Malpensa. È ciò che chiarisce il senso del tweet di Crosetto quando afferma che “solo con un’azione politica e diplomatica di alto livello” sarà possibile il ritorno di Cecilia Sala in Italia”.

Non vorremmo, tuttavia, che il riferimento del ministro al coinvolgimento dell’opinione pubblica e allo sdegno popolare suonasse come un messaggio sarcastico rivolto alle cosiddette anime belle armate soltanto di appelli e di slogan. Perché anche di loro c’è bisogno. Quanto ai pericoli connessi alla professione e al genere, nel varcare certi confini lasciandosi alle spalle qualsiasi barlume di libertà, il mancato accenno nelle dichiarazioni governative sembra comprensibile in una fase delicata della trattativa. Ma non per questo l’essere giornalista e l’essere donna assumono un rilievo minore poiché la presenza stessa (a Teheran o in ogni altro luogo del pianeta) di Cecilia, giornalista e donna, costituisce di per sé una sfida diretta al regime teocratico.

Osserviamola nell’ultimo podcast prima del fermo mentre condivide l’orgoglio e il coraggio delle “centinaia di migliaia di donne che in Iran non indossano più il velo”. E nel dirlo con quanta fierezza ella mostra i suoi capelli liberi. Un gesto profondamente rivoluzionario nell’unica Rivoluzione che conosciamo armata di un semplice gesto femminile. Che adopera come munizioni un arsenale infinito di canzoni, colori, arte, solidarietà. Non riusciremo invece a descrivere coloro che da oltre quarant’anni non si stancano di esercitare la più ottusa violenza, capaci solo di uccidere, torturare, incarcerare, perseguitare questo universo di giovani donne istruite e consapevoli. Possiamo immaginare che gli aguzzini abbiano le stesse sembianze del regime che li foraggia e protegge: esseri ebbri del sangue delle loro sorelle. Macchine generanti abusi, sparizioni, finti suicidi. Crimini di cui, e lo sanno, presto o tardi pagheranno il prezzo. Siamo davvero sicuri che, scambio di ostaggi o altro, nell’esercitare il loro arbitrio contro Cecilia Sala questi ceffi e i loro mandanti non si siano vendicati, anche, per quei capelli coraggiosamente liberi?


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