L’inestradabilità di Abedini, la trattativa arenata. Poi la svolta nelle ultime 48 ore dopo il viaggio di Giorgia Meloni in Florida

(di Giuliano Foschini – repubblica.it) – La svolta è stata diplomatica. E’ stata gestita da Palazzo Chigi in un tandem riservatissimo e diretto con l’Aise, il nostro servizio di sicurezza estero. Ed è arrivata subito dopo il viaggio di Giorgia Meloni in Florida. E’ stato in quel momento che il governo italiano ha capito che la strada principe per ottenere la liberazione di Cecilia Sala non poteva essere quella giudiziaria ma quella politica. Non dunque uno scambio netto di prigionieri, Italia-Iran, con il ministro Carlo Nordio che era nei fatti pronto a firmare l’inestradabilità di Mohammad Abedini Najafabadi sulla base dell’articolo 718 del codice penale. Una mossa che avrebbe potuto creare non pochi problemi al nostro paese, non soltanto nel rapporto con gli Usa. Ma una “triangolazione di interessi” come la definisce una fonte dell’intelligence, con l’Iran e gli Stati Uniti. Cosa significa esattamente questa “triangolazione di interessi”? Meloni ha chiesto una sorta di “benedizione” alla nuova amministrazione per poter liberare Abedini. E ha proceduto.
Certo, il lavoro dell’Aise – non a caso il direttore Giovanni Caravelli era ieri sul volo che ha riportato Cecilia Sala da Tehran a Roma – è servito a sfruttare i contrasti interni al governo iraniano di Masoud Pezeshkian che deve affrontare anche una grandissima crisi economica. Ed è stato proprio su questo canale che sono accadute delle cose nelle ultime 48 ore. A Repubblica risulta che fino al 4 di gennaio la strada principe scelta era quella della scarcerazione di Abedini. Gli uffici della giustizia avevano studiato il caso. Respinto la richiesta di domiciliari concessi dal ministro. E invece spiegato che c’erano precedenti per la scarcerazione diretta (quello recente dell’ingegnere informatico Hernè Falciani, arrestato a Malpensa e rilasciato su richiesta del ministero o quello del regista ucraino Yeven Eugene Lavrenchuk, arrestato a Napoli su richiesta russa e poi liberato sempre su ordine del governo. Il 7 era previsto un nuovo aggiornamento tecnico in via Arenula. Che invece ieri nei fatti è saltato.
L’altra trattativa era già partita: in tarda mattinata la telefonata di Cecilia a casa, in cui confermava che le cose andavano meglio, per quanto meglio possano andare le cose ai prigionieri del carcere di Evin. Cecilia non era più in isolamento ma condivideva la cella con un’altra detenuta. Aveva un letto e le erano stati consegnati i pacchi preparati dall’ambasciata. Gli iraniani avevano quindi mantenuto una prima promessa. L’Italia ha ripreso in mano, in via Arenula, il dossier Abedini. E’ stato in quel momento che Cecilia ha cominciato a tornare libera.