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Mandati senza fine: gli appetiti voraci di Luca & De Luca

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(di Silvia Truzzi – ilfattoquotidiano.it) – Tertium non man-datur? Così sembra: oggi se ne occuperà il Consiglio dei ministri e pare proprio che il governo sia intenzionato a impugnare la legge della Regione Campania che consente il terzo mandato a Vincenzo De Luca. L’imperatore della Campania (felix da quando c’è lui, perciò deve restare a tutti i costi) ha fatto votare dal suo Consiglio regionale una legge che aggira il divieto di tre mandati con un trucchetto copiato dal collega Luca Zaia: recepire la normativa nazionale sul divieto di terzo mandato (una legge che ha 21 anni!) facendola partire dal prossimo giro. La fame vien mangiando e Zaia, che di mandati ne ha già fatti tre (è presidente dal 2010) ora scalpita per avere il quarto. Ormai si parla apertamente e diffusamente di abolire del tutto il tetto per i presidenti e i sindaci delle grandi città: scorrendo le cronache locali di questi giorni si scopre che alla Provincia di Trento il centrodestra è tentato da un analogo blitz. Sul tavolo ci sono diverse questioni politiche che trovano maggioranza e opposizione allineate (naturalmente per tutti i motivi, fuorché quelli giusti). Schlein non ama De Luca, Meloni vuole il campo campano libero da una candidatura forte come quella del presidente uscente. Pure sul Veneto sono le smanie elettorali a contare: la sorella d’Italia rivendica la possibilità di metterci uno dei suoi, Salvini lascerebbe volentieri Zaia dov’è (concorrenza interna temibilissima).

Due giorni fa, il Corriere ha intervistato Zaia, una mezza pagina spassosissima della quale ci tocca dar conto per capire a che punto è la notte della Repubblica. “Il presidente del Veneto potrebbe dover lasciare il suo incarico a fine anno, senza la prospettiva di una ricandidatura, per l’opposizione del governo alla possibilità di un terzo mandato”. Peccato che, come ricordavamo sopra e come dev’essere sfuggito al Corriere, Zaia lo abbia già fatto il terzo: con il paventato quarto sarebbero due decenni di regno. Lui però è serenissimo perché, non pago della recente decapitazione dell’Autonomia, confida “nella Consulta”. La quale, secondo lui, dovrebbe contraddire la sua giurisprudenza sul tema. Il limite ai mandati – spiega una recente sentenza della Corte (60/2023) – è un “temperamento di sistema rispetto alla contestuale introduzione dell’elezione diretta”. Zaia però alza il tiro e scomoda Rousseau: “È giusto o no che i cittadini possano votare quante volte vogliono per tutte le cariche tranne che per quelle dei sindaci di grandi città e dei presidenti di Regione? Questo governo e il Paese devono decidere una volta per tutte se vogliono interpretare il contratto sociale di Rousseau (urge ripassino, ndr), per cui il cittadino ti toglie la delega quando non si fida più di te. Oppure se gli italiani vanno considerati come comparse, non come protagonisti, nella scelta delle istituzioni pubbliche. Chi parla di possibili centri di potere, se non ci sono limiti ai mandati, dà degli idioti ai cittadini”.

Siamo certi che i giudici della Consulta, nella stessa sentenza, non volessero affatto offendere gli elettori quando hanno spiegato la ratio della norma e la relativa interpretazione: “Il limite ha lo scopo di tutelare il diritto di voto dei cittadini impedendo la permanenza per periodi troppo lunghi che possono dar luogo ad anomale espressioni di clientelismo; serve a favorire il ricambio ai vertici dell’amministrazione locale ed evitare la soggettivizzazione dell’uso del potere dell’amministratore locale”. È proprio l’ostinazione dei due governatori che vogliono continuare a occupare il loro fortino a spiegare perché una norma di lampante igiene pubblica è giusta e necessaria.


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