
(Giuseppe Di Maio) – “Le società proprietariste hanno accresciuto la disuguaglianza rispetto alle società trifunzionali dell’ancien regime”, così dice Piketty nel suo “Capitale e ideologia”. L’apice della disparità sociale sì è avuto con la Belle Époque, poco prima che scoppiasse la grande guerra. Dopo, non il solo conflitto di massa, ma il suffragio universale, hanno permesso al popolo di esprimersi, di contribuire con le proprie idee alla politica nazionale. Strano: fu proprio la democrazia a permettere inaspettatamente il sopravvento dei partiti di destra, diede ai padroni la possibilità di controllare i bisogni reali della gente molto meglio di come avveniva durante il XIX secolo. Il secondo conflitto, e soprattutto la tassazione progressiva, hanno consentito una diminuzione sostanziale della disuguaglianza; fino a quando, in tutto l’Occidente, a seguito delle rivendicazioni dei ceti popolari, prese vita un elettorato senza coscienza di classe, un popolo con la presunzione d’appartenere ad un ceto indistinto da quello dei padroni, che cancellò tutti gli obiettivi collettivi, favorendo solo quelli privati.
Il momento delle maggiori difficoltà politiche del proprietarismo è coinciso con il varo della Costituzione Italiana, una singolarità che i rappresentanti del popolo hanno potuto conseguire durante una temperie avversa ai ceti abbienti e dominanti. Da allora l’avversione pian piano è sfumata, e si sono liquefatti i moniti verso la riorganizzazione dei partiti della destra fascista. 80 anni di aggressioni continue al dettato costituzionale da destra e persino da sinistra, fino a che, pur con un popolo sostanzialmente affezionato alla legge fondamentale, si rischia ancora una volta il suo stravolgimento. La gente non capisce che la disuguaglianza è frutto di regole diseguali, e non capisce che l’obiettivo delle destre è di crearne a profusione nella scuola, nel lavoro, nella cura della salute, e soprattutto nella Giustizia. La separazione delle carriere procede nel senso di creare un sistema giudiziario che dipende dalla politica, cioè dal controllo della propaganda e dei mezzi d’informazione padronali.
Allora, pare proprio che la democrazia non abbia fatto un granché bene al popolo, alla gente, insomma agli onesti: a coloro che sperano ancora che le giuste regole possano governare i rapporti civili, economici, ed etici. E se è così, è inutile sperare che questo popolo rinsavisca, che capisca cose che sono negate alla sua comprensione, tenuto com’è nella morsa della disinformazione e della menzogna. Forse ancora una volta boccerà col Referendum l’aggressione alla Costituzione, ma potrebbe essere l’ultima, e forse nemmeno (già molti credono che per avere un giudice imparziale bisogna avere carriere separate). Non ci resta che scendere in piazza, usare metodi antidemocratici e, scudo o non scudo (penale), la strada sarà degli arrabbiati. Conservatori e ladri non ci vanno.