Quell’«atto dovuto» è stato per la premier come la manna caduta dal cielo, quella “comunicazione d’iscrizione” nel registro degli indagati è un miracolo per grazia ricevuta per Giorgia Meloni, una Presidente del Consiglio double face, dal doppio volto. Il paradosso del procuratore Lo Voi.

(Attilio Bolzoni – editorialedomani.it) – Un colpo di fortuna così capita, e se capita, una sola volta nella vita. Persino Silvio Berlusconi non avrebbe potuto sperare tanto e persino Berlusconi sarebbe stato, in circostanze simili, più mansueto, più prudente. Ma quell’«atto dovuto» per la premier si è rivelato come la manna caduta dal cielo, quella «comunicazione d’iscrizione» nel registro degli indagati è come un miracolo per grazia ricevuta per Giorgia Meloni, una presidente del Consiglio dal doppio volto. Che importa se non è propriamente un avviso di garanzia, chissenefrega delle ipotesi di reato per peculato o favoreggiamento, tutti dettagli assolutamente insignificanti, l’essenziale è che in un modo o nell’altro lei sia finita nel mirino della magistratura, che comunque sia diventata obiettivo di inchieste giudiziarie che si sa quando cominciano e non si sa mai quando finiscono.
Innanzitutto devo dire che conosco l’avvocato Luigi Li Gotti da una vita (dalla metà degli anni Ottanta, dai tempi di Tommaso Buscetta quando si è pentito con il giudice istruttore Giovanni Falcone) e ne ho sempre avuto grande stima. Ma devo dire, anche, che l’avvocato Li Gotti secondo me non ha probabilmente ben calcolato le conseguenze che avrebbe portato la sua denuncia contro Meloni per la scarcerazione e l’espulsione dal territorio italiano del generale libico Abish Almasri. L’avvocato ha fatto un lancio alla Maradona, una perfetta giocata da quaranta metri che per la premier, poi, è stato uno scherzo tirare in porta.
Detto questo, la capa del governo si sta dimostrando più berlusconiana di Berlusconi, forse politicamente anche più furba, egualmente spregiudicata nello sferrare attacchi violentissimi al potere giudiziario ogni qualvolta se ne presenta l’occasione. L’avvocato Li Gotti le ha servito tutto su un piatto d’argento. E lei, abilissima, ne ha approfittato. Complotto. Ricatto. Vendetta.
Tutti, ma proprio tutti, sanno come vanno queste cose e come i magistrati (anche loro malgrado) devono agire se sono costretti ad agire per non passare guai personali, tutti sanno cosa è accaduto e cosa giudiziariamente accadrà (niente), eppure la tempesta si è abbattuta impetuosa in un’Italia sempre più falsa, sempre più infingarda, sempre più lontana dagli italiani.
La vicenda del generale libico, più che svelarci qualcosa di nuovo, conferma una continuità sbalorditiva con il nostro recente passato, a me sembra che la radice ideologica conti veramente poco perché è sopraffatta dagli interessi di sistema, dalle furbizie quotidiane, da una grossolanità imbarazzante.
In più, rispetto alle scomposte esibizioni di Berlusconi su magistratura e magistrati, adesso abbiamo Meloni che, al contrario di Silvio, vanta l’“amore” per giudici come Paolo Borsellino e non fa che ripetere (lei e i suoi, come la presidente della commissione parlamentare Antimafia Chiara Colosimo) che è entrata in politica per cambiare il mondo dopo l’autobomba di Palermo del 19 luglio del 1992. Per come si comporta, per la distanza fra quello che dice e quello che fa, è un’aggravante per Giorgia Meloni.
In tutta questa storia c’è poi il paradosso del procuratore capo della Repubblica di Roma Franco Lo Voi. Descriverlo come un moderato è un eufemismo, è decisamente qualcosa di più, un buon rapporto con Giovanni Falcone quando era giovanissimo magistrato ma soprattutto allevato alla “scuola” di Giuseppe Pignatone.
Tecnico fino all’esasperazione, attentissimo agli equilibri, apprezzabile per le mancate frequentazioni nei salotti, Lo Voi è un conservatore che è sempre piaciuto a destra e un poco (ma poco) anche a sinistra, mai aggressivo o fantasioso, mai scomposto, è il classico magistrato che lavora nell’ombra cercando in tutte le maniere possibili e pure impossibili di non agitare mai le acque. È toccato proprio a lui, assurdo, fare il parafulmine di una premier che – anche lei – non ha ben calcolato le conseguenze della sua sguaiata reazione. Certi conti non si pagano mai subito, si pagano sempre dopo.