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Franceschini: la scoperta dell’acqua calda

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(Stefano Rossi) – Quando il campo largo c’è ma non si vede.

Con la complicità dei pennivendoli, Dario Franceschini ha detto che il Movimento e il Pd devono “‘Marciare divisi e colpire uniti”, visto che non ci sono i presupposti per una stretta alleanza dell’opposizione definita, da quelli scarsi di comprendonio, campo largo.

Per giorni abbiamo assistito a trasmissioni, come quella di Lilly Gruber, che hanno riportato l’ovvietà di Franceschini come avesse decantato la nascita dell’universo.

Giuseppe Conte lo aveva detto circa 6-7 mesi fa. Non si può fare un campo largo. Basta votare insieme le proposte che si ritengono valide e giuste ma ognuno a casa propria.

Quando lo disse il professor Conte nessuno volle capire, anzi. Si continuava a vaneggiare su questo campo largo, da tanti, come lo scrivente, chiamato campo santo.

Lo ha detto Franceschini, a scoppio ritardato, e sembra l’annunciazione dell’arcangelo Gabriele.

Purtroppo, a tavolino, è stato deciso di oscurare il Movimento 5 Stelle: scomparso dai quotidiani e dai Tg se non per le notizie negative.

Tutti i Serra, Floris, Gramellini, Giannini, Formilli e compagnia, i quali, non sanno più come dire che ci vuole questo campo largo, non ricordano ai loro ascoltatori (loro lo sanno benissimo) che il Pd ha votato a favore del governo e della Meloni per la Commissione Von Der Leyen, per l’abolizione dell’abuso d’ufficio (richiesta a maggioranza assoluta da tutti i sindaci di sinistra), sul candidato Raffaele Fitto in Europa. Difatti, in Europa, il Pd è alleato della Meloni più di quanto lo faccia la Lega di Salvini, si veda, tanto per fare un esempio, l’invio di armi (e di miliardi) all’Ucraina, con buona pace di ospedali, asili nido e ricerca.

In Italia, questo campo largo, tra il Pd e la Meloni, è ancora più evidente.

Il Pd ha votato in quarantotto occasioni insieme con la maggioranza su alcuni provvedimenti in Aula, al voto finale, e in venti casi lo ha fatto da solo, votando con la maggioranza ma senza il M5S.

In buona compagnia di Calena e Renzi (chiamato “fascista” dai piddini senza rendersi conto che, il vertice del Pd, è in mano ai renziani).

Il caso più eclatante è il voto sul disegno di legge n. 1987, “salva Milano”.

La procura meneghina aveva sequestrato o bloccato 150 progetti per vari abusi e illegalità che metteva “in difficoltà” la giunta Sala.

Singolare fu la richiesta di FdI: “Non lo voteremo se non lo vota il Pd”. Ma questo solo per il Senato. Alla Camera il voto passò senza intoppi: era un campo largo tra maggioranza di governo e Pd.

Vogliamo ricordare il Jobs act? Il PD, prima vota in direzione, in commissione, in Consiglio dei Ministri e nelle Aule parlamentari il Jobs Act, poi raccoglie le firme per chiedere un Referendum per la sua abolizione.

Pierluigi Bersani, come del resto tutti gli altri sinistri, prima vota a favore del Jobs Act, poi va a firmare nei gazebo per la sua abolizione.

Si è giustificato con queste parole: “Voterò le parti che mi convincono con piacere e convinzione e le parti su cui non sono d’accordo per disciplina, avendo fatto per quattro anni il segretario del Pd”.

Che castroneria! Da uno, poi, che spesso invoca la Costituzione!

L’art. 67 della Costituzione recita: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.

Il vincolo di mandato non è solo quello verso i suoi elettori ma anche verso il partito di appartenenza. Principio espresso dalla Corte Costituzionale.

Se una legge è dannosa per i lavoratori, se sei veramente di sinistra, non la voti!!!

Insomma, di campi larghi ce ne sono fin troppi, bisogna vedere chi li rappresenta.

Per questo, dio ce ne scampi, il Movimento non deve sottoscrivere un patto di ferro con un partito che non sempre pensa ai cittadini.

Un altro esempio?

L’autonomia differenziata. Riforma voluta e scritta dalla sinistra. Nel 2017, Bonaccini e Schlein la chiesero per l’Emilia-Romagna, oggi, hanno raccolto le firme per la sua abolizione ma, guarda il destino beffardo, se ne avvale la coalizione avversaria.

Un campo largo c’è ma è un abominio.


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