Ogni sera, da molte sere, la visione dei tg può suscitare un senso di smarrimento e di rifiuto della realtà. Alla consueta colonna sonora dei due annosi conflitti, illustrata da immagini di morte […]

(di Antonio Padellaro – ilfattoquotidiano.it) – Ogni sera, da molte sere, la visione dei tg può suscitare un senso di smarrimento e di rifiuto della realtà. Alla consueta colonna sonora dei due annosi conflitti, illustrata da immagini di morte e distruzione, si accompagnano le notizie sulle guerre di cartone che divampano nel nostro cortile di casa. Un “hellzapoppin” del grottesco dove tutti denunciano tutti: i giudici il governo, il governo i giudici, e a cura di singoli cittadini sia il governo che i giudici. Ce n’è pure per i tribunali internazionali delegittimati da ministri in stato di ebbrezza leguleia se solo si azzardano a denunciare assassini e torturatori. In più ai servizi segreti, impegnati in una “guerra per bande” (Matteo Salvini), viene accollata una fiorente attività di controllo e spionaggio, tramite Whatsapp, ai danni di giornalisti e ong.
Come se non bastasse, dal teleschermo si alza il diapason delle tensione emotiva con l’uso di superlativi angoscianti (tutto è “durissimo”, “gravissimo”). Bocconi amari che all’ora di cena sanno di ultima cena mentre si fa cocente la voglia di evasione da tutto ciò, magari in qualche lontano paradiso terraqueo (sempre che Donald Trump non abbia deciso di annetterlo).
È abbastanza curioso (ma anche no) che nelle analisi dei sondaggi d’opinione l’attenzione esclusiva sia dedicata a segnalare i quasi impercettibili decimali di crescita o decrescita della popolarità dei partiti e dei loro leader in un quadro sostanzialmente bloccato. Mentre nessun cenno meritano le percentuali dell’astensione in costante e progressivo aumento: un 45,5% (Ipsos di inizio febbraio) che con questi ritmi entro la fine del 2025 potrebbe anche toccare la soglia psicologica del 50%. Quella di un elettore su due che diserta le urne. Per carità, nessuna ipocrita lagna sui rischi per la democrazia, signora mia, che ascoltiamo regolarmente per bocca dei politici, di coloro cioè che sono i primi responsabili di questa fuga di massa. Che a questo punto sarebbe più giusto non definire più come protesta, ribellione, rifiuto. Più adatto, forse, l’ultimo verso dell’“Infinito” di Giacomo Leopardi: “E il naufragar m’è dolce in questo mare”. E al diavolo tutti.