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Litio e non solo: il tesoro del Donbass che fa gola a Trump

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Feroci combattimenti negli ultimi due anni nella zona di Velyka Novosilka dove si trovano i giacimenti dello Shevchenko Field. Ecco come le risorse ucraine hanno plasmato la guerra e potrebbero pesare sulla pace

(di Gianluca Di Feo – repubblica.it) – I combattimenti a Velyka Novosilka negli ultimi due anni sono stati particolarmente feroci. Russi e ucraini hanno fatto di tutto per tenere sotto controllo questa località del Donbass, con diversi capovolgimenti del fronte. Kiev l’ha persa all’inizio dell’invasione; poi l’ha riconquistata nella controffensiva dell’estate 2023 e infine è stata costretta ad abbandonarla alla fine di gennaio: contrariamente a quanto accade nel resto del Donetsk, qui il comando generale ucraino non ha mai lesinato rinforzi e non si esclude che torni alla carica nelle prossime settimane. Perché Velyka Novosilka è così importante? La risposta non è militare ma economica: in quel territorio si trova lo “Shevchenko Field”, uno dei più grandi giacimenti mondiali di litio, elemento chiave per costruire le batterie elettriche che stanno sostituendo i motori a scoppio.

Sotto le trincee

La pretesa di Donald Trump di sfruttare i minerali ucraini come pagamento per l’aiuto americano ha messo in luce un aspetto della guerra rimasto finora in secondo piano: il campo di battaglia spesso è stato condizionato dalla mappa delle risorse nel sottosuolo. Non tanto dalle “terre rare”, la cui presenza è molto dubbia: il Kyiv Independent ha scritto che ne sono state riscontrate quattro – per l’esattezza cerio, ittrio, lantanio e neodimio – ma non esistono prove e potrebbero trovarsi solo in zone del Donbass che sono in mani russe dal 2014.

Ci sono però altre risorse preziose per l’industria hi-tech del presente e del futuro: ben venti dei minerali più richiesti in assoluto. Il litio, indispensabile per accumulatori e propulsori elettrici, forse è il più rilevante: si stima ci siano scorte pari mezzo milione di tonnellate. Una valutazione teorica, perché l’estrazione non è ancora stata iniziata: se fosse confermata, porrebbe l’Ucraina tra i primi venti Paesi al mondo per disponibilità di questo minerale. L’ente geologico statale è andato oltre, ipotizzando che ci sia il tre per cento di tutto il litio: oltre tre milioni di tonnellate. Lo “Shevchenko Field” è considerato tra i giacimenti più ricchi in assoluto.

Nel dicembre 2021 quando i tank russi si stavano ammassando sul confine, il governo Zelensky ha ceduto i diritti d’estrazione alla compagnia australiana European Lithium, che nell’estate 2023 ha dovuto interrompere ogni attività a causa dei combattimenti. Mosca ancora prima di occuparlo ha preparato le pratiche per assegnare nuove concessioni. Alcuni esperti, tra cui Edward Topol, sono convinti che attraverso la cattura dei depositi naturali di litio il Cremlino voglia tenere sotto pressione il mercato dell’energia nella Ue. Era già riuscito infatti a impadronirsi del giacimento di Kruta Balka mentre alle autorità di Kiev ne restano altri due – Polokhivske e Dobra — che si trovano nella regione di Kirovohrad, dove al momento la situazione appare tranquilla. Non ci sono stime di quanto possano rendere.

L’industria del titanio

L’altro tesoro è il titanio, che unisce leggerezza a resistenza nelle tecnologie militari e civili. Nel 2021 l’estrazione di ilmenite – uno dei principali minerali da cui si ricava il titanio – è stata pari al cinque per cento di quella mondiale. Poi l’invasione ha provocato un calo del 40 per cento e alcune miniere sono state conquistare dai russi, ma l’Ucraina continua a essere lavorare nella trasformazione e produrre materiale base per il titanio: la sorgente è l’impianto di Zaporizhzhia, confiscato all’oligarca Dmytro Firtash e nazionalizzato. L’altra compagnia statale attiva in questa filiera – la United Mining and Chemical Company (UMCC) – è stata venduta nello scorso ottobre per cento milioni di dollari al gruppo dell’imprenditore azero Nasib Hasanov. Nel Paese sono stati identificati ben ottanta giacimenti: metà è stata oggetto di esplorazioni geologiche e soltanto il 10 per cento di questi viene sfruttato. La stima consolidata ipotizza che l’un per cento delle disponibilità mondiali si trovi qui, mentre alcuni scienziati ritengono si tratti di molto di più, addirittura un quinto del totale planetario.

Il valore del tesoro

La lista dei giacimenti pregiati ucraini è assai più lunga: grafite, uranio, manganese, zinco, cobalto oltre ai tradizionali ferro e carbone, ancora abbondanti nonostante le massicce estrazioni sovietiche. Quanto valgono? Difficile dirlo, le stime oscillano da 15 mila miliardi di dollari a somme dieci volte superiori. Ma le concentrazioni più alte sono nel Donbass occupato da Mosca, uno scrigno di risorse minerarie. In che misura la linea del cessate il fuoco sarà scandita dalla posizione di queste risorse? Nelle quattro regioni annesse alla Russia nel settembre 2022 – e finora controllate solo in parte – c’è oltre metà delle ricchezze minerarie ucraine: sono nel Lugansk, a Donetsk, nella provincia di Zaporizhzhia e – seppur in misura di gran lunga inferiore – Kherson.

Fondamentale il distretto di Dnipropetrovsk, polo anche dell’industria siderurgica, bombardato spesso e ormai vicinissimo alle retrovie della battaglia: lì secondo il Kyiv Independent il sottosuolo custodisce riserve per un valore di 3500 miliardi di dollari.

L’appetito di Trump

Perché Donald Trump adesso pretende questi tesori come compensazione per l’aiuto militare americano all’Ucraina? La motivazione più nobile è quella strategica: assicurarsi rifornimenti di queste materie da Paesi non ostili è prioritario per il Pentagono, soprattutto in funzione della sfida con la Pechino. Negli ultimi cinque anni il ministero della Difesa ha speso 440 milioni per garantirsi le “terre rare” presenti in alcune nazioni “amiche” e per sviluppare le ricerche negli States. La stessa considerazione riguarda il titanio, che serve a costruire elementi chiave di aerei, incrociatori e missili: quello ucraino può ridurre la dipendenza da quello che gli Usa importano dalla Cina o che prima del 2022 facevano arrivare dalla Russia. I

noltre c’è l’opportunità di blindare il litio di Kiev dalle lusinghe delle compagnie cinesi. Ma le dichiarazioni di Trump sono soprattutto in linea con le posizioni populiste sostenute nella campagna elettorale: la critica agli armamenti “regalati” da Biden a spese dei contribuenti, tanto più per un conflitto che è un “problema europeo”. Adesso il presidente ha raccolto la disponibilità di Zelensky alla cessione dei diritti minerari – che già viene discussa concretamente con aziende statunitensi del settore – e si prepara a vantare un altro dei suoi “deal” conclusi, rendendo in apparenza economicamente vantaggioso per la Casa Bianca il sostegno a Kiev.

Al governo ucraino per ora va bene tutto pur di mantenere il flusso di forniture militari americano. In questa manovra, che come nei piani immobiliari per Gaza mette in primo piano gli interessi più crassi e diretti rispetto alle tradizionali valutazioni geopolitiche, c’è però un grave rischio: quello di far passare gli ucraini come sconfitti due volte. Le pretese minerarie di Trump ricordano lo sfruttamento del carbone e del ferro della Ruhr da parte dei francesi dopo la Prima Guerra Mondiale: un risarcimento bellico che non solo ha impoverito la Repubblica di Weimar ma soprattutto ha gonfiato il consenso a Hitler. A questo si aggiunge che i russi – come ha riportato il Washington Post – hanno già preso il controllo di assetti energici e minerari ucraini per un valore di 12 mila miliardi di dollari. Che futuro può avere un Paese saccheggiato sia dai nemici che dagli alleati? La storia recente ci mostra che umiliando un popolo non si costruisce mai una pace stabile.


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