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La ministra Santanchè, le borse e i tarocchi

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Dal gioco delle carte si è passati al significato di imitazione del vero

Napoli, 12 febbraio: la ministra del Turismo Daniela Santanchè

(di Marco Belpoliti – repubblica.it) – «Falsa come le sue borsette», ha detto Francesca Pascale, ex compagna di Silvio Berlusconi, riferendosi alle borse ricevute in dono da Daniela Santanchè. Pascale scoprì a suo tempo che non erano di Hermès, bensì prodotti contraffatti. La frase riportata dai giornali è diventata uno stigma, poiché dall’oggetto falsificato è passato a indicare la persona della donatrice, attuale ministra del Turismo, su cui è in corso una indagine della magistratura.

Se invece sono false, come avrebbe certificato a suo tempo Berlusconi, la parola “falso” appare appropriata poiché viene dal latino fallere, ingannare. Bonagiunta la usò tra i primi nel 1257 e legava il termine a “non corrisponde a verità”.

Viviamo in una epoca di post-verità per cui tutto invece diventa possibile. Forse, oltre a pronunciare la frase che trasla dall’oggetto alla persona, sarebbe stato più corretto usare un altro termine: taroccata, riferito alla borsa, che suonerebbe ironico se passasse a indicare la persona della ministra, taroccata come le sue borse.

Il verbo taroccare viene da tarocchi, intendendo con questo il gioco di carte nato nel 1425 a Ferrara e Mantova presso quelle corti signorili. Oggi lo si usa come sinonimo di contraffare riferendosi a un cellulare, a un orologio e appunto a una borsetta; indica tutte quelle attività di riproduzione di oggetti della moda, per lo più accessori, che hanno prezzi altissimi e che vengono per tanto offerti da venditori ambulanti o pusher, come sono chiamati, a prezzi modici.

Perché dalle meravigliose carte di Bonifacio Bembo, i tarocchi Visconti-Sforza conservati in parte a Bergamo alla Accademia Carrara e alla Morgan Library di New York, si è passati al significato di imitazione del vero?

Forse perché, dopo una lunga carriera come gioco di carte, raccontato da Giampaolo Dossena nella voce tarocchi della Enciclopedia dei giochi (Utet), nel Settecento Antoine Court de Gébelin, morto durante un trattamento di magnetismo animale gestito da Mesmer, collegò il gioco a Thot, la divinità egizia della scrittura ma anche della magia.

Insomma quelle straordinarie carte furono usate per la divinazione, per leggere il futuro e per dare indicazioni da parte di cartomanti a persone credulone. Diventati esoterici, e legati anche alle pratiche occulte, i tarocchi finirono per suggestionare più di un pensatore e circolare ampiamente in Europa.

Caso vuole che proprio in queste settimane sia stata inaugurata al prestigioso Warburg Institute di Londra una mostra molto visitata, intitolata Tarot, Origins & Afterlives sul ruolo culturale e sociale dei veri tarocchi.

Vi si racconta come gli Arcani Minori, provenienti dall’Asia orientale nel XIV secolo, e gli Arcani Maggiori, subito utilizzati dalla élite rinascimentale nel Quattrocento come strumento di intrattenimento, finirono paradossalmente nel Secolo dei Lumi nelle spire della Gnosi esoterica, che è una delle fonti del complottismo di ogni tempo, come ci ha insegnato a sua volta Umberto Eco.

Forse accanto al volume narrativo che Italo Calvino ricavò dal mazzo visconteo — Il castello dei destini incrociati (1973) — si potrebbe pensare che una bacheca dell’esposizione londinese avrebbe potuto contenere le borse regalate da Daniela Santanchè a Francesca Pascale, ammesso e non concesso che siano taroccate, come sostiene la ricevente, quale esempio moderno di un intreccio tra gioco, moda e potere politico. Oltre che a testimoniare il rapporto intrattenuto da quel gioco, che abbacinò grandi dame, insieme a feudatari e poeti, con l’indispensabile ed elegante sacca femminile.

Forse non a caso tra le carte sono presenti le figure della papessa, della morte e del diavolo. Omnia munda mundis, per riprendere un antico motto latino, vale forse per la ministra del Turismo? Qualche dubbio al riguardo sorge.


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