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Se per 7 bimbi su 10 non c’è posto al nido

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Se per 7 bimbi su 10 non c’è posto al nido

(CHIARA SARACENO – lastampa.it) – I servizi educativi per la prima infanzia – nidi e scuole dell’infanzia – costituiscono un tassello fondamentale del Pilastro sociale europeo. Aiutano i genitori, e in particolare le madri, a conciliare un’occupazione remunerata con le responsabilità di cura. Soprattutto sostengono lo sviluppo delle capacità di tutti i bambini e le bambine, riducendo le disuguaglianze e ponendo le basi per la crescita di cittadini, lavoratori e lavoratrici competenti. Lo sostiene la Dichiarazione de La Hulpe sul “Futuro dell’Europa Sociale”, adottata il 16 aprile scorso dai ministri degli Affari sociali europei, dal Parlamento e dalla Commissione europea.

È una dichiarazione impegnativa trasmessa ai futuri Parlamento e Commissione europei, sulla quale sarebbe utile conoscere l’opinione dei candidati dei diversi partiti. Ma è impegnativa anche per governo, parlamento e parti sociali italiani. Come è noto, infatti, mentre la scuola dell’infanzia in Italia è vicina ad essere un servizio universale, anche se con qualche difformità a livello territoriale (nel Mezzogiorno non sempre c’è la mensa e talvolta l’orario è solo a tempo parziale), per i nidi le cose vanno diversamente. Tra nidi pubblici e privati c’è posto solo per 3 bambini su dieci a livello nazionale, ma con fortissime differenze territoriali.

I nidi mancano proprio là dove la diffusione della povertà minorile rende più probabile anche la diffusione della povertà educativa. Il Pnrr avrebbe dovuto iniziare sia ad ampliare la copertura, sia a ridurne le differenze territoriali, dando al, pur ridotto, 33% di copertura a livello locale lo status di Livello essenziale di prestazione. Un obiettivo modesto, che rischia di non essere raggiunto, tra riduzione dei posti previsti, ricorso ai bandi che lasciano l’iniziativa ai Comuni, come se non si trattasse di garantire un diritto dei bambini, incertezza sui fondi per la loro gestione a regime (acuita dai previsti tagli alla spesa corrente dei comuni).

A ciò si aggiunga che se anche tutti i posti effettivamente finanziati venissero approntati e fondi per la loro gestione garantiti, non ci sarebbe un numero sufficiente di educatrici/educatori in possesso della laurea triennale richiesta. Sarebbe necessaria una sistematica programmazione e promozione delle iscrizioni al corso di laurea in Scienze della formazione che dà accesso a questa professione, accompagnata da una revisione del curriculum, che attualmente distingue le educatrici dei nidi dalle maestre della scuola dell’infanzia, in contrasto con la definizione del sistema educativo 0-6 come integrato e in continuità. La scarsità di iscrizioni alla laurea triennale necessaria è in larga parte dovuta alla scarsa appetibilità economica della professione di educatrice. Come in troppe professioni della cura, lo stipendio è basso a fronte di un lavoro sia fisicamente sia psicologicamente impegnativo. Inoltre non esiste un unico contratto nazionale nei settori privato e non profit (che costituiscono oltre la metà dei posti disponibili), dove ci sono almeno sedici diversi contratti, di norma con paghe e diritti inferiori a quelli delle educatrici dei nidi pubblici.

L’appello di Alleanza per l’Infanzia a tutte le forze politiche italiane e ai candidati al Parlamento europeo è un richiamo ad uscire da affermazioni retoriche e ad assumersi la responsabilità nei confronti dei diritti dei più piccoli alla formazione e alle pari opportunità.


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