L’ombra del Cremlino agita Meloni: la guerriglia del Salvini filorusso mina il governo e i rapporti nell’Ue. La priorità della premier ora è fermare l’offensiva dell’alleato, che con i Patrioti punta a superare il gruppo meloniano dei Conservatori in Europa. Le preoccupazioni delle Cancellerie per la linea orbaniana del leader della Lega

(di Tommaso Ciriaco – repubblica.it) – L’ultima volta che hanno discusso del rebus europeo – è successo poche ore fa – Giorgia Meloni ha ricordato a Matteo Salvini perché considera un atto di guerriglia la scelta leghista di costruire un gruppo con Viktor Orbán. L’accusa si può sintetizzare così: mentre io chiedevo senza successo un patto scritto al leader ungherese per farlo entrare in Ecr, ricevendo un netto e sdegnato rifiuto, tu trattavi sottobanco per costruire con lui un gruppo. Di fatto, una manovra alle spalle della leader. Con un obiettivo che, dopo l’annuncio del viaggio dell’ungherese a Mosca, risulta ancora più evidente: paralizzare il prossimo semestre europeo mentre sul terreno d’Ucraina si gioca una partita vitale, alimentare una minoranza rumorosa in Europa, monopolizzare la destra emarginando i Conservatori.
Meloni è stufa di questo atteggiamento di Salvini. Lo è da diversi giorni. Ieri ha chiesto alla sorella Arianna di lanciare un segnale: «Noi – ha detto – siamo il partito dei patrioti (lo stesso nome scelto da Orbán e Salvini, ndr), non abbiamo mai tradito e mettiamo sempre davanti l’interesse dell’Italia». Un avvertimento politico evidente. Ma anche la spia di un malessere che rafforza la tentazione meloniana di portare avanti un reset elettorale, per uscire dall’angolo e sancire anche alle Camere i nuovi rapporti di forza tra FdI e Carroccio. La minaccia, questo è ormai certo, è sul tavolo.
Fosse soltanto una questione di competizione a destra, poi. Da giorni, a Bruxelles hanno capito che tipo di partita giochi Orbán: quella, appunto, al fianco di Vladimir Putin. Per questo, Palazzo Chigi riceve informalmente messaggi sempre più allarmati dagli emissari diplomatici che parlano con le principali Cancellerie. Gli interrogativi non riguardano il posizionamento di Meloni a favore di Kiev, ma la coabitazione al vertice dell’esecutivo con Salvini, che con il premier ungherese sta costruendo un gruppo apertamente putiniano. Quanto influisca sulla linea, insomma, avere un vice che lavora al suo fianco, partecipa alle riunioni più delicate, amministra ministeri strategici. Una circostanza che imbarazza la presidente del Consiglio, che intanto guiderà fino a fine anno il G7 e deve affrontare scelte delicate in ambito Nato proprio sulla crisi in Ucraina.
È uno stillicidio quotidiano, quello che Salvini sta imponendo a Meloni. Sul piano internazionale, ma anche su quello interno. Non si contano gli sgambetti politici e parlamentari nelle ultime tre settimane. Il cerchio magico meloniano interpreta la guerriglia leghista anche come battaglia per sedere al tavolo delle nomine. La scelta di proporre l’abolizione del canone Rai, ad esempio, andrebbe letta in questa chiave: Salvini pretende voce in capitolo nel nuovo organigramma di viale Mazzini. Dunque un segnale rivolto alla televisione pubblica, prima ancora che a Mediaset? «Intelligenti pauca…», conferma anche Antonio Tajani. E lo stesso vale per la guida di Cassa depositi e prestiti.
E però, a questo punto della storia pesa soprattutto l’altra tenaglia, quella continentale. Dopo il voto francese del 7 luglio, la trattativa per il commissario italiano entrerà nel vivo. Meloni deve ancora decidere che approccio tenere con Ursula von der Leyen: opporsi non basterebbe a evitare di essere scavalcata a destra da Orbán e Salvini, votare a favore avrebbe conseguenze sulla stabilità dell’esecutivo. L’astensione, insomma, continua a sembrare la strada più praticabile. Ben sapendo però che con questo schema di gioco Ecr rischia comunque il sorpasso dei “patrioti” sovranisti: nonostante Meloni sia riuscita a trattenere il Pis polacco dentro i Conservatori, potrebbe ritrovarsi superata per numero di seggi. Salvini punta infatti a nuovi ingressi e sta trattando personalmente con alcuni eurodeputati appartenenti al bacino dei non iscritti. «Lavoriamo per rafforzare e allargare il gruppo», fa sapere a sera il vicepremier. La battaglia continua.