Il carroccio aspira a un taglio del canone di 20 euro all’anno fino all’azzeramento del contributo entro la fine della legislatura

(UGO PRATI – lastampa.it) – Prima il caso assunzioni in odore di familismo, poi i fischi censurati nei confronti del ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. E adesso lo scontro sul canone Rai. Non c’è pace fuori e dentro Viale Mazzini. L’azienda pubblica è al centro di un acceso scontro politico perché la Lega insiste per incassare la promessa strappata agli alleati un anno fa: un taglio del canone di 20 euro ogni anno fino all’azzeramento del contributo degli utenti entro la fine della legislatura.
Nella scorsa legge di Bilancio il primo passo dell’operazione è andato in porto con la riduzione del canone da 90 a 70 euro. Ma per riuscirci il governo ha dovuto staccare un assegno di 430 milioni per permettere alla tv di Stato di coprire la perdita di gettito che, attualmente, vale circa 18 miliardi. Adesso, come detto, la Lega torna alla carica trovando però una certa freddezza tra gli alleati. «Ridurre il canone mi piacerebbe ma servono le risorse, vedremo» ha fatto sapere in modo piuttosto tiepido il viceministro dell’economia, Maurizio Leo. Parole che servono a prendere tempo, visto che tra Irpef, cuneo fiscale e altre poste indifferibili la prossima manovra già vale 20 miliardi. Ma la Lega, come detto, non vuol sentire ragioni. Tanto che dal partito di Matteo Salvini è stata lanciata una proposta che, alle orecchie degli altri partiti della maggioranza (e ad uno in particolare), è suonata come un campanello d’allarme. Vale a dire: se i trasferimenti pubblici non bastano a compensare il calo del gettito conseguente al taglio del canone, consentiamo alla Rai di far salire di un punto il tetto della pubblicità, il cui introito si alzerebbe da 500 a 600 milioni. Fumo negli occhi, manco a dirlo, per Forza Italia che ovviamente vede come una minaccia mortale una riduzione della fetta del mercato pubblicitario a disposizione di Mediaset.
«La riduzione del canone – spiega il vicesegretario della Lega, Andrea Crippa – è un provvedimento di assoluto buonsenso che va ad alleggerire il carico fiscale sulle famiglie italiane e in particolare su quelle meno abbienti. Lo abbiamo già ridotto e l’obiettivo resta quello di intervenire ulteriormente fino all’abolizione. È ovvio – prosegue Crippa – che senza canone, la Rai deve trovare altri introiti per proseguire come servizio pubblico ed è altrettanto ovvio che di conseguenza si deve aumentare la raccolta pubblicitaria della televisione di Stato».
«Trovo francamente incomprensibili e insensati – ecco l’affondo finale di Crippa – il no e le polemiche di Forza Italia che pensa ai contraccolpi di Mediaset, che è un’azienda privata e non pubblica». La grana del canone Rai, che promette di trascinarsi a lungo, rischia di diventare un bel problema per le strategie finanziarie dei vertici Rai, alle prese con la realizzazione del piano industriale messo a punto nel gennaio scorso. Il progetto 2024-2026 prevede il potenziamento della trasformazione digitale e la valorizzazione delle risorse interne con investimenti per 225 milioni di euro nel prossimo triennio, grazie a risorse che arrivano in buona parte dalla cessione di una quota di minoranza di Rai Way. Il piano, che prospetta una riduzione dell’indebitamento fino a 500 milioni di euro al 2026, prevede la cessione di una quota di circa il 15% di Rai Way, che alle quotazioni attuali vale poco meno di 200 milioni di euro, consentendo comunque a Viale Mazzini di mantenere il controllo con il 51%. Il piano prevede, inoltre, interventi di ottimizzazione del perimetro immobiliare che recepiscono le indicazioni contenute nel piano immobiliare già approvato a novembre 2023.