
(DI GIUSEPPE CONTE* – ilfattoquotidiano.it) – Caro direttore, anche i veneziani si ritrovano con una pesante inchiesta che getta ombre sulla gestione della res publica con il quadro di un ignobile intreccio tra politica, Pubblica amministrazione e affari privati. Un quadro molto simile a quello che riguarda Toti e la Liguria. L’arresto e poi le dimissioni dell’assessore Renato Boraso, nonché l’indagine sul sindaco Luigi Brugnaro, attestano la gravità del quadro indiziario. La gestione della Cosa Pubblica, così, assomiglia a una bilancia in cui da una parte c’è il macigno dell’interesse di alcuni potenti e dall’altra ci sono le piume dei diritti dei cittadini. Dall’indagine della magistratura, già vagliata dal giudice per le indagini preliminari, emerge più del sospetto che l’amministrazione della città sia stata macchiata dalla commistione tra gli interessi economici privati del sindaco-imprenditore e il suo ruolo pubblico, contrariamente agli impegni formali che il primo cittadino aveva preso con i veneziani. Non solo: dalle carte su Boraso, apprendiamo che secondo alcuni costui fosse formalmente l’assessore alla Mobilità, ma in realtà si muovesse come un mediatore immobiliare e mal tollerasse i funzionari pubblici che lo contrastavano. Gli aspetti penali li giudicherà la magistratura. Ma, alla luce di quelli morali, domando: è questo il modo di governare per il centrodestra? Andando avanti così, c’è il serio pericolo che in Italia l’articolo 54 della Costituzione che impone “disciplina e onore” a chi ricopre pubbliche funzioni sia il più violato, calpesto (citazione dall’inno nazionale) e deriso, come avviene purtroppo per molti altri capisaldi della nostra Carta fondamentale. Anche in questa inchiesta sono state fondamentali le intercettazioni che tolgono il sonno al ministro Carlo Nordio. Il procuratore di Venezia (dove il Guardasigilli si vanta di aver lavorato per decenni come magistrato) ha tenuto a precisare che, con il nuovo limite di 45 giorni agli ascolti annunciato dalla maggioranza, l’indagine non ci sarebbe neppure stata. Più emerge il malaffare e più il governo Meloni lavora per l’impunità.
*Presidente del Movimento5Stelle