
(Tommaso Merlo) – I giornali israeliani hanno applaudito l’entrata in scena di Kamala Harris. Il marito è ebreo e setacciando tweet e discorsi degli ultimi anni, si dicono soddisfatti. Kamala ha sempre rispettato la linea della lobby pro Israele con giusto qualche leggero maldipancino espresso durante il genocidio a Gaza ma niente di preoccupante. Certo, Kamala non è ai livelli da maggiordomo di Biden, ma sono molto fiduciosi che da Washington continueranno a piovere frasi fatte e miliardi di dollari con regolarità. Del resto se Kamala Harris la pensasse diversamente su Israele, non l’avrebbero mai fatta arrivare fino a lì. Le avrebbero stroncato la carriera prima. Questo è un punto cruciale che molti non comprendono. Affinché cambi qualcosa in questo mondo, bisogna intervenire prima e lontano dai palazzi, altrimenti le democrazie resteranno solo dei chiassosi carnevali elettorali dove ci si illude che col prossimo governo cambi tutto e poi ci si ritrova nello stesso pantano di sempre. Le lobby lo sanno benissimo, soprattutto in America dove comprano i politici fino agli albori delle loro carriere e li seguono passo a passo. Indicandogli la linea da seguire e assicurandosi che la rispettino. Politici ma anche giornalisti organici piazzati nelle posizioni strategiche ed unti alla bisogna. Controllano cioè sia chi decide sia chi racconta le decisioni prese in modo da confezionarle a dovere se indigeste al grande pubblico. Con Kamala Harris molti americani si stanno illudendo che cambierà qualcosa mentre sono già stati tutti fregati a monte. Kamala speculerà sulle magagne di Trump, si limiterà a svendere dettagli come grandi rivoluzioni e una volta alla Casa Bianca riprenderà la solita solfa lobbistica. Il cambiamento in politica è una cosa seria e in piena deriva neoliberista lo è ancora di più. Ma restiamo all’attualità. In attesa del vergognoso discorso di Netanyahu, fuori dal parlamento americano sono già iniziate le proteste. Tra loro anche molti ebrei con la scritta “non in nostro nome”, vi sono anche rabbini che ribadiscono come il vero giudaismo non abbia nulla a che fare col delirio sionista di Netanyahu. Religione e storia sfruttati per un bieco progetto coloniale con la copertura di media e politicanti venduti. È questo che rimarrà nei libri di storia anche se ci vorrà del tempo. La buona notizia è che il genocidio a Gaza ha fatto rivoltare lo stomaco al mondo intero e l’ipocrita complicità occidentale è sotto i riflettori. Netanyahu ha in tasca un accordo di cessate il fuoco da settimane, i parenti degli ostaggi e i cittadini israeliani che protestano da mesi contro di lui volevano che firmasse prima della partenza per Washington. Vedremo se Netanyahu sfrutterà la passerella americana per firmare nel disperato tentativo di rifarsi la reputazione da criminale di guerra che si è ampiamente meritato oppure tirerà dritto. Pare incontrerà anche Kamala Harris ma dietro le quinte. Nessun dissenso politico, solo comunicazione che oggi conta più della sostanza. Molti elettori democratici soprattutto giovani sono schifati per il genocidio a Gaza e Kamala ha bisogno di intascarsi il loro voto per vincere. Serve prudenza, poi una volta inpoltronata potrà correre sorridente a Gerusalemme se nel frattempo non sono sbarcati gli Hezbollah. Certo, Kamala è una tizia migliore di Trump ma ci vuole buon poco e rimane una magra consolazione per chi auspica una svolta. Kamala sta ravvivando il carnevale elettorale, ma il cambiamento politico vero arriva solo dal basso, dalla strada e non dai palazzi. E questo soprattutto oggi che comanda il mercato e quindi i soldi, con lobby che impongo i loro interessi comprandosi politica e media alla faccia della volontà popolare. Il cambiamento vero è molto difficile, implica vincere paure e resistenze e tentare nuove vie. E solo i cittadini hanno la libertà, lo slancio, l’interesse e il coraggio per cambiare davvero. È storia. È cronaca. Il genocidio a Gaza ha generato un disgusto globale ma affinché cambi qualcosa si deve trasformare da protesta in proposta politica e sfidare non solo Netanyahu, ma anche tutto il sistema occidentale vigente di cui Kamala Harris è parte integrante. Questo è un punto cruciale che molti non comprendono. Il cambiamento vero è una cosa seria e parte da noi.