Progetto carente. Per la Commissione di Valutazione Impatto Ambientale non è stato calcolato “il rischio legato alle azioni sismiche e a possibili effetti di liquefazione”

(Di Tomaso Montanari – ilfattoquotidiano.it) – Nel novembre del 2015, il Tribunale Permanente per i Diritti dei Popoli emise una storica sentenza su “partecipazione delle comunità locali e grandi opere”. Il caso concreto di cui si occupava il tribunale fondato da Lelio Basso era la vicenda del Tav in Val di Susa, e la principale raccomandazione fatta al governo italiano fu questa: “rivedere la Legge obiettivo del dicembre 2001, che esclude totalmente le amministrazioni locali dai processi decisionali relativi al progetto, così come il decreto Sblocca Italia del settembre 2014 che formalizza il principio secondo il quale non è necessario consultare le popolazioni interessate in caso di opere che trasformano il territorio”. Ora, sulle orme di Berlusconi (padre della Legge obiettivo) e di Renzi (cui si deve lo Sblocca Italia) incede un altro gigante, l’incommensurabile Matteo Salvini, monumento vivente all’ignoranza istituzionale e alla tracotanza politica. E naturalmente corre, a rotta di collo, in direzione contraria a quella predicata dal Tribunale.
Il nuovo Tav si chiama Ponte sullo Stretto: un’arma letale contro ambiente, sostenibilità, partecipazione democratica. Il prossimo 5 agosto arriva in Aula a Montecitorio un emendamento della Lega al già pessimo disegno di legge 1660 sulla “sicurezza pubblica”, il cui scopo è introdurre una pesante aggravante “se la violenza o minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica”. Non solo le Grandi Opere non conoscono affatto quella partecipazione popolare preventiva che sarebbe tipica di una democrazia evoluta, ma anzi si mira a impedire qualsiasi forma di protesta: perché la ‘violenza’ e la ‘minaccia’ coprirebbero anche interruzioni temporanee del traffico e manifestazioni in realtà assolutamente non violente (e il meraviglioso paradosso è che il primo proponente di questo emendamento anti-violenti è quel violentissimo Igor Lezzi che in Aula ha pestato un deputato 5 Stelle). Una lettera aperta al presidente Mattarella, firmata da numerosissimi docenti universitari (tra i quali chi scrive) convinti della palese incostituzionalità della norma, nota che si costruisce così «un diritto penale diseguale, che protegge a oltranza il pubblico ufficiale contro gli improbabili soprusi di chi manifesta un’opinione non gradita. Un diritto penale che tutela, paradossalmente, le manifestazioni fasciste più̀ di quelle contro gli scempi ambientali e culturali, cercando di far passare nell’opinione pubblica il subdolo messaggio della natura “violenta” del dissenso. Un diritto penale che abroga l’abuso d’ufficio e aggrava le pene per chi azzardi violenza, resistenza e lesioni a un pubblico ufficiale. Va da sé́ che un diritto penale “ungherese” come quello di cui discutiamo sia incostituzionale.
L’aggravante, proposta dal leghista Igor Iezzi, fresco di rissa, è illegittima non solo per l’entità della pena minacciata – in origine superiore a quellaprevista per l’omicidio doloso – e non soltanto per l’intollerabile vaghezza del concetto di “infrastruttura di interesse strategico”. Per Salvini, entusiasta fan della ‘democrazia’ di Vladimir Putin, la Costituzione è una variabile indipendente. Così come lo è la geologia, restando al Ponte. In questi stessi giorni, il WWF ha rilanciato le richieste (del maggio scorso) della Commissione nazionale di Valutazione di Impatto Ambientale, che torna a chiedere che la fattibilità del Ponte venga valutata solo dopo aver finalmente realizzato ciò che si chiede invano dal 2013, e cioè una “documentazione con un congruente studio geologico strutturale, studi di microzonazione sismica per analisi delle amplificazioni locali e definizione delle aree suscettibili alla liquefazione. Con riferimento alla caratterizzazione delle faglie si richiede restituzione cartografica a scala 1:5000 di tutti i sistemi di faglia attivi, con distinzione delle faglie capaci. Si richiede la sistematizzazione delle carte geologiche e geomorfologiche coerenti rispetto alla mappatura delle faglie”.
La Commissione Via ricorda anche che non è stato valutato “il rischio legato alle azioni sismiche e agli effetti tra cui i possibili effetti di liquefazione”: un’omissione piuttosto allarmante, visto che secondo lo stesso progetto “tutti i sistemi di faglia sono da considerarsi attivi”, e che “non è stato effettuato uno studio strutturale dedicato alla caratterizzazione delle faglie presenti”. Ma cosa importa a Salvini, e a questo imbarazzante governo, della realtà? Che sia la realtà dei diritti costituzionali, o quella dei movimenti della terra su cui dovrebbero poggiare i ciclopici piloni del Ponte. Dettagli irrilevanti, di fronte al vero obiettivo: esibire il plastico del Ponte (degno gemello di quello di Cogne) dall’immarcescibile Vespa, o presentarlo in pompa magna al G7. Tutto finto: tranne i danni, quelli terribilmente veri e duraturi, che questa classe politica da incubo sta infliggendo ai diritti e all’ambiente degli italiani.